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(Fonte : Dedalo - Rassegna d'arte diretta da Ugo Ojetti - Milano -
Roma - 1920)
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LA GALLERIA FIORENTINA D'ARTE MODERNA
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Non
tutti che s'occupano di pittura e scultura sanno che esiste
in Firenze una Galleria d'Arte moderna ; e a pochissimi noto
come sia la prima, di regia fondazione, che si sia avuta in
Italia. Gli è che se questo istituto conta ormai più di
mezzo secolo di esistenza, ha soltanto pochi anni di vita.
Dal 1866 ad ieri sono stati per lui decenni d'infanzia
senile.
Fino a quell'anno una piccola raccolta di pitture moderne
esisteva nell'Accademia delle Arti del disegno; e s'era
andata formando coi premi di prima classe istituiti dal
granduca Pietro Leopoldo, e coi triennali e i pensionati,
specialmente di Roma, stabiliti dal Governo di Toscana con
un decreto del 1860.
E nelle numerose tele esposte nella " Sala dei quadri
d'invenzione ? e nei più numerosi bozzetti conservati
nella " Stanza del Presidente ? gli Accademici
vecchi e nuovi sceneggiavano freddamente le gesta degli eroi
delle antichità, del medioevo e del rinascimento : Ajace ed
Alessandro Magno, Dante e Corso Donati, Leonardo e Filippo
Strozzi. Il Calamai aveva osato arrivare a Galileo visitato
dal Milton; e perfino Silvestro Lega, Odoardo Borrani e
Antonio Puccinelli si erano adattati all'andazzo imperante e
avevano fatto delle accademie su Mosè David, Lorenzo de'
Medici.
Quando nel '66 la nuova Galleria Moderna fu aggregata
all'Accademia, offriva ben poco di diverso da quello che
fino allora aveva offerto la " Sala dei quadri
d'invenzione ? ; che tra le opere acquistate dal
granduca Leopoldo II, e quelle volta a volta cormprate alle
Mostre della Promotrice non s'era messo assieme molto di
nuovo. Tutt'al più una nota diversa ve la portavano i
dipinti ordinati dal Governo provvisorio di Toscana col
decreto del 23 settembre 1859, e cioè ; quattro quadri
storici, quattro di battaglia, quattro di costumi militari,
e sei ritratti di illustri italiani. Tra i quadri di
battaglia v'era il Campo italiano dopo la battaglia di
Magenta del Fattori; tra i ritratti quello del
Gioberti dipinto dal Puccinelli e quello del Troya
eseguito da Saverio Altamura.
Ma nel catalogo del '69 si trova qualche novità; e se il
Fattori vi figura solo ancora con una Maria Stuarda sul
campo di battaglia presso Crook-Stone, e il Lega con
dei Bersaglieri italiani che scortano alcuni prigionieri
austriaci, l'Abbati v' ha La Cappella del Podestà
nel Palazzo del Bargello, Tivoli una Foresta,
il Fontanesi l'Arno a Santa Trinità, il Pasini, una
Carovana nel deserto. Da un anno era esposta in
galleria la Cacciata del Duca d'Atene, che aveva
fatto guadagnare all'Ussi la gran medaglia dell' "Esposizione
Universale di Parigi" e le condoglianze del Gazzettino
delle arti del disegno, ove Diego Martelli, severamente, ma
onestamente, scriveva : " Concludo dunque con negare che
la medaglia data at prof. Stefano Ussi sia una fortuna per
lui e molto meno per l'arte italiana. Non la credo una
fortuna per Ussi, reputando l'esser premiati senza merito
danno maggiore che esser calunniati senza ragione, poichè la
verità vien sempre a galla e le bugie hanno le gambe corte.
Non la credo una fortuna per il paese precisamente per gli
argomenti gia detti, la di cui applicazione venga
trasportata dalindividuo alla patria. ?
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Per quarant'anni, dal 1870 al 1910. la Galleria, che sempre
meno ogni giorno poteva chiamarsi moderna, rimase qual'era,
anche se a lunghi intervalli v'entrò qualche opera nuova :
La battaglia di Custoza del Fattori, mandatavi,
come ingombrante, dalla Galleria Nazionale d'arte moderna di
Roma; Pioggia di Cenere del Toma ; Mandria di
bufali del Raggio; insieme con I due Foscari
dell'Hayez e Antiquario di Domenico Induno.
Di pittura nuova, almeno toscana, niente, come se Fattori si
fosse fermato ai quadri romantici e a quelli di Battaglia, e
Abbati agli interni; e Signorini, Banti, Sernesi, Cabianca
non esistessero. Per la pittura di paese bastavano i Markò e
il Camino, il Gelati e itl Senno. Per le marine, ne avanzava
di quelle del Della Bruna o dell Steffani. Molto
probabilmente si credette di fare una ardita concessione
alla corrente avanzata mettendo in galleria Ai campi
di Egisto Ferroni: una qualche cosa tra il vecchio e iI
nuovo, l'idilliaco e il veristico, che non urtava troppo e
poteva riconciliar gli avversari.
Cosi la galleria vegetava tra la generale indifferenza. Nei
giorni di lavoro vi bazzicavano gli studenti dell'Accademia
a disegnare o a copicchiare, ma più che altro a farvi del
chiasso ; e spesso qualcuno s'indugiava a porre i baffi ad
un minuscolo Napoleone sperduto nel nevaio della
Beresina del Morghen, o ad aggiungere un razzo ai
Fuochi d'artificio sul Ponte della Carraia di Giovanni
Signorini, padre di Telemaco. Alla domenica una piccola
folla oziosa gironzolava qua e la in cerca di soggetti e si
soffermava con maggior compiacenza davanti alla Morte di
Raffaello del Morgari, ammirando la prosperosa
Fornarina con la sua lacrima di cristallo sulla guancia di
coccio, o davanti alla Monaca Buti del Castagnola,
dove un Filippo Lippi, sfratato e ringiovanito di trent'anni
per l'occasione, fa una cerosa dichiarazione alla Bella
reclusa.
Ci andavo anch'io qualche volta, la domenica, con Telemaco
Signorini; e per quanto sia passato un quarto di secolo,
ricordo ancora i ghigni e i sibili del ferocissimo "
macchiaiuolo. ? Si divertiva specialmente a far le sue
terribili osservazioni su quei quadri davanti ai quali
vedeva qualche ammiratore, che lo guardava sbalordito non
sapendo se doveva prender o no sul serio quell' individuo
dalle arie da gran signore, a malgrado un rammendo
visibilissimo al gomito di una manica, o una vistosa toppa
ai pantaloni. Ce l'aveva specialmente col Federigo
Barbarossa nella Battaglia di Legnano del Cassioli,
tutto rosso al " pomodoro ? ; e con Nello della Pietra
alla fossa della Pia de' Tolomei del Pollastrini, ove
diceva a voce alta che c'era un grosso difetto : la fossa
troppo stretta. L'avrebbe volentieri allargata per metterci
dentro Nello, il Pollastrini e qualche ammiratore. E ce
l'aveva anche con l'Ademollo perchè nella Battaglia di
S. Martino aveva fatto gli austriaci troppo brutti. "
Ammazzarli, aggiungeva, va bene, ma
assassinarli cosi, e troppo ?.
Allorchè quindici anni più tardi fui preposto, come
ispettore, alla Galleria dell'Accademia, ed ebbi in custodia
anche quel cadaverino della sezione moderna, le cose erano
al medesimo punto, quando se ne tolga l'entrata di una tela
incompiuta del Cecconi: La caccia al cinghiale nel
padule di Burano, un Bosco di Luigi Gioli, e
tre cose e alcuni studii del Banti.
Ma c'era poco da fare. Correvano allora trattative tra Stato
e Comune per cedere a quest'ultimo ttte le opere d'arte
moderna, perchè fossero collocate in una galleria municipale
che si aveva in animo di istituire nella Palazzina delle
Cascine. Lo Stato pensava di fare un buon affare,
liberandosi di quell' impiccio e guadagnando locali pei
quadri antichi; il Comune, pur di prendere, si sorbiva il
Buono e il cattivo.
Ci fu però chi fece osservare non esser decoroso per lo
Stato il disfarsi di una delle due sole gallerie d'arte
moderna da lui istituite, e della più antica; altri combatte
con varii argomenti la proposta della Palazzina delle
Cascine. E si venne cosi ad una conclusione del tutto
contraria, che cioè il Comune depositasse, invece, nella
Galleria governativa le opere d'arte moderna di sua
proprietà e consistenti in quelle del legato di Diego
Martelli ed in altre numerose di recente acquisto.
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S' impose allora, finalmente, una cernita di tutto il
vecchio materiale, e le centosettanta tra pitture e sculture
- queste appena una diecina - furono ridotte a poco più di
settanta. Gli autoritratti e i ritratti passarono agli
Uffizi ; i quadri patriottici al Museo del Risorgimento ;
quelli di vedute cittadine al Topografico alla Casa
Buonarroti ; altri andarono a decorare le sedi della Corte
di Cassazione, della Corte d'Appello e della Accademia della
Crusca ; e fino della nostra Legazione di Sofia ; il resto
in magazzino. E v'erano, tra l'altro, degli Animali
di Rosa da Tivoli che non si sa come si fosse introdotto tra
i Pollastrini e gli Ademollo.
Compiuto il riordinamento, la Galleria sembrò subito
tutt'altra cosa. Con la Collezione Martelli v'erano entrati
finalmente tutti i " macchiaiuoli ? , e con loro lo
Zandomeneghi, il Boldini e il Pissarro. Inoltre il Comune si
era assicurato, tra l'altro, tre gruppi notevolissimi di
opere del Fattori, del Signorini, del Cabianca, scegliendo
nel patrimonio artistico quasi intatto lasciato dai tre
pittori ai loro eredi; aveva acquistato e continuava ad
acquistare opere dei Gioli, del Panerai, del Cannicci del
Ciani, del Nomellini, dei Ciardi, del Bezzi, del Tito, del
Previati, del Delleani, del Fragiacomo dello Zanetti-Zilla;
mentre lo Stato dal canto suo comprava il Ritratto del
Tofano del Morelli, la Maschera del Mancini,
La madre del Coromaldi, le Pastorelle del
Michetti.
Intanto agli acquisti si aggiungevano i depositi e i doni.
Tra i primi, quelli delle opere vincitrici del Concorso Ussi
e di proprietà dell'Accademia di Belle Arti : Il
traghetto del Fragiacomo, e La festa della Mamma
del Nomellini. Tra i secondi, la Maremma toscana
del Fattori, dono del signor Gustavo Sforni; L'eruzione
del Vesuvio del De Nittis, offerta dal conte
Serristori; un ritratto del marchese di Montagliari,
del Lenbach, regalato dalla marchesa di Montagliari ; due
ritratti ed un disegno eseguiti dallo stesso Lenbach e
legati dalla contessa Antonini De Villeneuve ; un paese del
Bruzzi e altre cose donate dal signor R. W. Spranger. Ma
incremento maggiore han dato alla raccolta gli " Amici della
Galleria d'Arte Moderna " : il primo gruppo di amatori e di
conoscitori che si sia organicamente costituito in Italia
con lo scopo di acquistare periodicamente opere di scultura
e di pittura per destinarle ad un dato istituto d'arte.
Per quanto l'azione degli " Amici ? sia rimasta interrotta
durante gli anni di guerra, sono stati donati finora alla
Galleria : I Coronari di Luigi Serra, opera
rappresentativa tra le rarissime di lui ; Lungo l'Ofanto,
nitida e limpida visione di Giuseppe De Nittis, anteriore
alle bravure parigine; Mattutino, solido acquerello
di Vincenzo Cabianca ; un piacevole abbozzo di ritratto di
Giovanni Boldini; una gustosa Donna nuda, in bronzo, di
Libero Andreotti.
Ma con tutto ciò non era assicurata alla Galleria una
esistenza felice. Comune e Governo continuavano ad
acquistare per proprio conto, senza un piano, senza
un'intesa; e le commissioni comunali non di rado si
lasciavano vincere da ragioni non sempre e non totalmente
artistiche, e spesso per malintesi criterii di beneficenza
destinavano alla Galleria opere che, se non diminuivano,
certo non ne aumentavano l'importanza e il valore ; mentre
gli organi governativi le procuravano cose disparatissime,
acquistate per convenienze politiche o regionalistiche,
quando addirittura non si mandavano a Firenze gli scarti di
Roma. E almeno fossero venuti tutti, e non soltanto gli
scarti degli scarti.
Per buona fortuna, dopo varii anni di incertezze e di
attesa, a stata firmata tra Stato e Comune una convenzione,
per la quale gli acquisti e una specie d'alta sovrintendenza
sulla Galleria d'Arte Moderna sono affidati ad una
commissione di sette, tre eletti dal Ministro della P. I.,
tre dal Sindaco, ed uno dall'Accademia di Belle Arti.
Governo e Comune s' impegnano ad un contributo annuo,
stabilito in un minimo di diecimila lire, ma che sarà
probabilmente portato a quindicimila.
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Problema urgentissimo era quello però dei locali, essendo
inadatti e insufficienti gli attuali, al primo piano della
Galleria dell'Accademia. Per crearne dei nuovi. attigui, in
comunicazione e continuazione degli esistenti_ ilt Comune
aveva stanziato una somma cospicua, e per una somma presso a
che uguale si erano impegnati alcuni tra gli " Amici della
Galleria ? e il gruppo stesso, socialmente.
Se non che i preventivi di quattro anni sono non
corrispondono più, oggi : quello che poteva bastare allora
per dieci sale nuove, ora sarebbe appena sufficiente per due
o tre. Ma a buon punto a giunta la cessione, da parte della
Corona, del Palazzo Pitti col connesso quartiere della
Meridiana, vasta fabbrica intimamente collegata a quella del
Brunelleschi, dell'Ammannati e continuatori, e con la quale
l'edificio, dopo quattro secoli, ebbe il suo compimento.
Cominciata da Gaspare Paoletti alla meta del settecento,
continuata dal Cacialli, e terminata da Pasquale Poccianti
ai primi dell'ottocento, la Meridiana offre un seguito di
vasti e luminosi saloni che guardano Boboli, ed un insieme
di più che cinquanta stanze e gabinetti, si da permettere
una conveniente collocazione della Galleria Moderna, e da
far fronte allo sperato incremento di essa. Si aggiunga che
un giardino attiguo, e separato da quello di Boboli, da
anche la possibilità di esporre ottimamente della scultura.
Di qualche difficoltà sarà forse l'adattamento della parte
più moderna della raccolta con le decorazioni fattevi dai
più noti accademici fiorentini, dal Nenci e dal Cianfanelli
a Luigi Sabatelli e a Giuseppe Bezzuoli. Ma per buona
fortuna vi sono molte sale risparmiate dalle storie di Siria
e di Roma, o da quelle di Renzo e Lucia.
In vista del trasferimento, nei locali di via Ricasoli,
sgombrati totalmente durante la guerra perchè mal difesi dai
palchi a tetto e lucernarii, le opere esistenti sono state
ricollocate con un ordinamento provvisorio, esponendo in un
salone terreno le tele più vaste, e lasciandone arrotolate
altre, più grandi, come la Battaglia di Legnano del
Cassioli, La cacciata del Duca d'Atene dell'Ussi, e
Custoza del Fattori. Svolgerle per arrotolarle di
nuovo, vorrebbe dire far correr loro qualche pericolo.
Cosi come a oggi, la Galleria si presenta poco organica ed
offre grandi lacune. Troppo risente della sua formazione e
della sua non meno infelice continuazione. Anche la scuola
toscana, che è naturalmente la meglio rappresentata, ha dei
vuoti. I vecchi classicisti e i romantici sono al completo,
dal Benvenuti al Bezzuoli; al completo anche i nuovi
accademici ; manta però un ritratto del Puccinelli, che ne
ha lasciati dei magnifici, e il Ciseri ne ha uno, e non dei
migliori suoi. I " macchiaiuoli ? sono assai largamente
rappresentati ; ma del De Tivoli e del Sernesi si vedono, in
complesso, quattro opere sole, e due son bozzetti. Pur nella
nuova scuola toscana sono delle lacune, a cominciare dal
Ghiglia e dal Puccini, anche se nella prima sala, dei
giovani e giovanissimi, figurano il Muller, il Barbieri, il
Giachetti, il Bernardini, il Checchi, il Ferroni junior, il
Romiti, il Notte, accanto ad Aldo Carpi. Ne si può dire che
tutti v'abbiano pezzi da museo.
Peggio ancora vanno le cose per le altre scuole italiane,
fatta qualche eccezione per la veneziana. Morelli, con un
ritratto, ha solo un bozzetto; di Mosè Bianchi e di
Tranquillo Cremona, a voler far solo due nomi, non c'ê
niente. Di stranieri vi sono il Lenbach, coi ritratti già
rammentati, e il Pissarro con due preziose impressioni della
raccolta Martelli. Ma poichè la galleria dovrà essere
essenzialmente di arte italiana, i forestieri vi potranno
esser rappresentati soltanto per quel che possano dare,
eventualmente, doni e legati.
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Occorre dunque, a voler porre riparo allo sgoverno regnato
fin qui, che coloro cui sono ormai affidate le sorti
dell'istituto, si propongano un rigoroso piano di lavoro e
lo attuino rapidamente; e potran farlo per la libertà e
l'autonomia di cui godono. Col mercato che ha portato ormai
a prezzi altissimi opere d'autori già disputati a poco più
che a diecine di lire, e con la ricerca e richiesta ognora
crescenti, non è più tempo di gettar via le: centinaia di
lire per
acquistare dei bozzetti alle migliaia si arriva di rado o
peggio ancora per comprar certe cose più per scopi
filantropici che per artistiche ragioni. I magazzini, già
quasi sgombri, non dovrebbero affollarsi di nuovo. Se mai
potrebbero continuare ad accogliere qualche altro dei quadri
più favoriti dal gran pubblico, e che si sia salvato ad una
prima selezione.
Per educar questo gran pubblico, non Basta mostrargli le
cose buone, bisogna levargli le malvagie che ancora lo
lusingano. La domenica, la folla comincia ad intrattenersi
anche nelle salette dei macchiaiuoli, ma cerca sempre la
Fornarina e la Monaca Buti.
Mi duole dirlo per i miei amici artisti ed ancor più per gli
esaltatori del buon gusto popolare; ma confesserò che
durante i mesi di chiusura pel primo riordinamento, e negli
anni durante i quali la galleria e stata sgombrata per
esigenze di guerra, le opere cercate e richieste sono state
tre sole : La Cacciata del Duca d'Atene da quelli
che avevano l'aria d'intendersene; La morte di Raffaello
e Fra Filippo Lippi e la monaca Buti da
tutti gli altri, nostrani e forestieri. A volere ci sarebbe
da raccontare una collana d'aneddoti istruttivi : mi
limiterò a due.
Mentre per quel primo riordinamento, la galleria era tutta
quanta in disordine e le tele più grandi stavano appoggiate
l'una sull'altra a qualche parete, mi capitò in ufficio un
corriere a pregarmi di lasciargli condurre in quel bailamme
un suo ricco cliente americano. Al mio reciso rifiuto, non
si perdette d'animo ; e credendo di commuovermi, dichiarò,
non senza enfasi, che quel suo americano si era mosso
proprio da Buenos Ayres per ammirare la Morte di
Raffaello; e che di tutto ciò che aveva vedu to o
poteva vedere a Firenze non gli importava che poco o niente,
al confronto.
Gli risposi quel suo ricco cliente dover essere un cotal
cretino da non meritare si facesse una sfacchinata per
trargli fuori da una catasta di quadri quella zuccherosa
pittura, racchiusa in una cornice monumentale e d'un tal
peso da fiaccar le reni a quattro manovali. Corriere e
americano se ne andarono, e la lacrima della Fornarina ebbe
un ammiratore di meno.
Durante la guerra poi, mi raccontarono i custodi, capitò un
giorno un' inglesina - per i nostri custodi tutte le bionde
sono, naturalmente, figlie di Albione - a chieder di vedere
il Lippi e la monaca Buni. Ebbero un bel far capire
che l'opera era altrove, al sicuro. Non intendeva ragioni.
Finchè uno, famoso in trovate per accontentare il visitatore
esigente, non penso di condurla davanti alla parete vuota, e
di compensare la mancanza del dipinto con una cartolina
illustrata. E quella se ne andò, ringraziando, tutta
contenta, come se le avessero dato e fatto veder chi sa mai
che.
E di facezie, che fan ridere amaro, mi par che basti.
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NELLO TARCHIANI
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