Pillole d'Arte

    
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(Fonte : Dedalo - Rassegna d'arte, 1929-30)
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UN ANNO DI MOSTRE DEI SINDACATI REGIONALI

 
È con l'anno 1929 che si può dire abbia preso sostanza concreta di fatti, nei riguardi delle esposizioni, l'organizzazione sindacale fascista degli artisti. Sarà interessante quindi dare uno sguardo complessivo ai resultati ottenuti. Ma prima due parole sui precedenti che hanno preparato e reso possibile l'ordinamento artistico finalmente attuato.

Nel 1922 a Firenze un piccolo nucleo di artisti fondava la «Corporazione delle arti». Mirava essa a ravvicinare artisti ed artigiani a fine di ritrovare in una comune e concorde collaborazione, quell'unità di lavoro onde altra volta si svilupparono grandeggiando i nostri stili nazionali. ll tentativo era generoso, ma prematuro. Tuttavia non fu inutile, perché quel nucleo di artisti non si sciolse più totalmente, e quando venne l'organizzazione sindacale attuata dal fascismo, esso rispose all'appello costituendo le basi migliori al nuovo inquadramento. Il Sindacato delle Belle Arti poté così sùbito avere a Firenze una vita fattiva, mentre nelle altre città d'Italia cominciava appena a nascere. E a provarlo restano le tre esposizioni fiorentine del '25, del '26 e sopratutto quella del '27 che per prima assunse ufficialmente il titolo di Esposizione del Sindacato Toscano sotto la presidenza onoraria dell'on. Giuseppe Bottai, ministro oggi delle Corporazioni, allora sottosegretario del Ministero stesso, animatore sempre coraggioso delle giovani energie artistiche.
Ma questa esposizione oltre ad essere stata d'esempio con il proprio regolamento a quelle che dovevano poi seguire, ebbe importanza per un altro fatto: che, facendo parte per sé stessa, anziché associarsi ad altre manifestazioni artistiche cittadine, difese l'indipendenza e il primato del Sindacato come espressione del Regime, e sostenne il principio che esclusivamente al Sindacato si dovesse attribuire il compito delle Mostre locali e regionali. Principio che nell'anno seguente, 1928, pur non essendo ancóra ufficialmente adottato, e malgrado la resistenza delle vecchie società promotrici di esposizioni, venne in pratica applicato, prima sempre a Firenze con la seconda Mostra regionale del Sindacato, e poi a Palermo e a Trieste. Sicché infine, con la raggiunta costituzione indipendente della Confederazione nazionale fascista dei professionisti ed artisti sotto la presidenza dell'onorevole G. Di Giacomo, e con l'entrata di C. E. Oppo, Segretario nazionale dei Sindacati degli artisti, in Parlamento, tale principio trovò i più validi e sagaci sostenitori e venne per legge definitivamente riconosciuto.

Questa in succinto la storia delle vicende che hanno condotto alla vasta fioritura di Mostre regionali nell'anno 1929, e con queste alla creazione di un nuovo stato di fatti, di un nuovo ordinamento artistico, che reca il suggello di quel senso della disciplina e gerarchia impresso dal Fascismo a tutte le attività nazionali, anche nel campo sembrato fin qui meno suscettibile di norme: nel campo dell'arte. Al quale proposito anzi sia concesso a me, che tali vicende ho intensamente vissuto, concorrendovi e accompagnandole nel loro difficile corso, affermare, ad onore degli artisti, che pochi cittadini hanno altrettanto sentito il valore ideale e pratico dell'inquadramento cui con qualche sacrificio venivano chiamati, e si sono con altrettanta fede inseriti nel gran movimento nazionale dei Sindacati. Essi hanno cioè compreso che le Esposizioni, in quanto costituiscono il mezzo normale di contatto fra produttore e consumatore, non potevano né dovevano sfuggire ad una organizzazione professionale di classe, ed hanno superato qualunque divergenza d'ordine estetico, per il raggiungimento di un fine superiore ai singoli interessi individuali.

Come? I regolamenti che sono più o meno tutti del medesimo tipo, aprono le porte delle mostre agli artisti sindacati e non sindacati, stabilendo solo talvolta qualche lieve vantaggio nella tassa di iscrizione e nelle percentuali di vendita a favore dei primi. La giuria funziona con l'obbligo a tutti di sottomettervisi senza privilegi d'invito, e si compone di artisti di varie tendenze, dai più vecchi ai più giovani, purché sempre operanti in una linea d'arte nobile. Solo nella disposizione delle opere una certa distinzione fra le due correnti, quella continuatrice dell'ottocento e quella iniziatrice del novecento viene, per necessità evidenti di buon ordinamento, adottata. E quanto ad acquisti e premi essi vanno imparzialmente distribuiti fra i più meritevoli, con qualche maggiore incoraggiamento però verso le buone promesse novelle che le mostre rivelino.

Questo è l'unico punto sul quale occorra anzi qualche chiarimento, che risponda a sospetti di preferenze partigiane. Il Sindacato degli Artisti è una forza giovane e nuova, e come tale nelle dodici regioni in cui ha le sue diramazioni, si è alimentato, prima di altri, dai giovani venuti su dalla guerra e dal Fascismo. Gli artisti già fatti e già noti, un po' perché cresciuti in altre idee, un po' perché meno bisognosi di sostegno, sono stati più lenti e guardinghi nell'iscriversi; e se lo hanno fatto, è stato con riserve, sia pure non palesi. Tutto ciò è unmano, ed è anche fatale che conduca a qualche inconveniente, che il tatto dei dirigenti deve superare con leale franchezza. Ma con la stessa franchezza bisogna riconoscere che le forze stesse artistiche politiche e sociali donde il Sindacato è sorto, lo hanno preparato ad esser tutto teso verso l'avvenire, verso la messa in valore delle generazioni ultime, né quindi gli si può far appunto degli incoraggiamenti, che pur onorando i maestri come ha fatto a Firenze con la mostra di Francesco Gioli e a Roma col premiare Panini e La Spina e a Palermo ordinando tutta una retrospettiva siciliana, porge particolarmente ai giovani.

E veniamo alle singole mostre, in ordine di tempo.

Milano. - Quella di Milano aprì la stagione invernale nel novembre-dicembre 1928 occupando tutti e due i piani del Palazzo della Permanente, sotto la direzione del Segretario regionale Esodo Pratelli, con circa trecento opere. Non poteva costituire rivelazione di un'arte o di movimenti poco visti, data la larga rappresentanza che i lombardi avevano pochi mesi prima avuto alla Biennale, e la frequenza delle mostre individuali in Milano stessa. Ma confermò l'estendersi alla massima parte dei pittori, scultori e incisori lombardi che vi apparivano per la prima volta, di quell'indirizzo coraggiosamente innovatore recato a Milano prima dal gruppo di Tosi, Wildt, Funi, Salietti, Sironi, Carrà e Marussig, e ripreso poi, per fare alcuni nomi. da Pratelli, Tozzi, Lilloni, Barbieri, Ghiringhelli, Montanari, Bracchi, Canegrati, Carpanetti, Monti, Borra, De Amicis ed altri.
Quale sia questo indirizzo non occorre ulteriormente spiegare, né in una breve rassegna come questa si potrebbe. Basti il rilevarne l'intento sopratutto costruttivo e plastico, tanto nel paesaggio come nella figura, ottenuto però, e questa è la sua caratteristica principale, non per mezzo di una accentuazione lineare, bensì con una intensificazione chiaroscurale e cromatica, tutta pittorica nel tocco e nel tono. Indirizzo ben lombardo insomma, e per quanto certe brutalità possano farne dubitare, cremoniano e goliano sempre, almeno nello spirito. S'intende che innumerevoli sono le sfumature di esso secondo che fiorisca sotto le mani di Carpi o di Prada, di Steffenini o di Scattola, se si voglia seguirlo fin sui margini più lontani, o rintracciarlo sulle tele dei più giovani dalla Consolo a Del Bon. Ma in sostanza una parentela regionale tra tutti questi artisti v'è. E ciò giustifica la compattezza ormai raggiunta dal Sindacato Lombardo e giustifica l'attesa di un suo sviluppo immancabile di scuola, oltre che di organizzazione.

Roma. - Aperta nel marzo 1929, sotto la presidenza effettiva dell'On. C. E. Oppo, nel Palazzo di Via Nazionale, accolse circa cinquecento opere. Più numerosa in complesso, di tutte le altre, e più ricca di mostre personali, come si conveniva alla capitale e alla sede della Segreteria nazionale dei Sindacati, più ampia anche come raggio di adesioni salendo essa, e con larga partecipazione, ad Antonio Mancini e a Giulio Aristide Sartorio Accademici d'Italia, a Pazzini e a La Spina, è stata l'unica che ha avuto l'onore di ripetute visite dal Duce, e che ha raggiunto le vendite più numerose ed elevate. Il maggior successo quindi, morale e materiale del Sindacato tutto.

Artisticamente il suo merito principale è stato quello di sgombrare il campo dell'arte romana e laziale dalla tanta mediocrità commerciale da cui le mostre dell'Urbe erano per il passato irrimediabilmente compromesse. Ha dimostrato così quale opera risanatrice i Sindacati regionali possano compiere pur senza cadere in esclusioni di parte, anzi raccogliendo il merito dovunque e comunque manifesto. Infatti oltre i maestri più su ricordati, il nucleo romano nella piena maturità del talento era tutto presente, da Oppo, Ferrazzi, Santagata, Bartoli, Sobrero, Socrate, Bertoletti, Barrera, Trombadori, Guerrini, Donghi, Guidi, Cucchiari, Colao, Carbonati, Bocchi, dalle signore Piacentini e Cecchi, a Dazzi, Selva, Riccardi, Prini, D'Antino, Cataldi, Biagini, Ruggeri, Brozzi, Drei, Martini, Morbiducci, Nicolini. Ed accanto a loro erano dei giovani e giovanissimi come Frateili, Mafai, Ciucci, Di Cocco, Ceracchini, Francalancia, Janni e altri, testimoni della nuova vitalità dell'arte a Roma.

Per la quale, se di un indirizzo unitario non s'era ancor potuto parlare, anche perché le varie provenienze dei nomi ricordati recaglorioso manipolo de' Macchiaioli che ha fatto recentemente apprezzare la pittura toscana nelle massime esposizioni italiane. Tendenza che nel gruppo «dei Selvaggi», capitanato da Ardengo Soffici, Rosai e Lega, assume un tono polemico più accentuato; che nell'altro gruppo di cui sono massimi esponenti Bacci, Vagnetti, Pucci, Dani, Ferroni, De Grada, Colacicchi, Pejron, Pozzi, Bernardi, Bramanti, trova un maggior equilibrio; e che in alcuni indipendenti come Ghiglia, Costetti, Magnelli, Tealdi, Giachetti, Muller, Moschi, rende note personali di indubbio valore.

Altri gruppi riflettono caratteri peculiari alle minori città toscane e la grande diffusa molteplicità d'ingegni proprio della regione, la più ferace forse artisticamente d'Italia. Ma per la loro conoscenza val meglio riferirsi alle mostre provinciali che il Sindacato ha promosso e tenuto nei vari capoluoghi, per stimolare dappertutto e inquadrare gli artisti. Ecco infatti Livorno che, accanto a Nomellini, Tommasi, Natali. Lomi, Vinzio, Gemignani, Romiti, ci fa apprezzare in Guzzi, Zanacchini e Servolini delle ottime promesse; Lucca ove al nucleo raccolto da De Servi si aggiunge ora quello minuscolo ma valoroso di Barga con Magri, Cordati e Balduini; Arezzo cui ben s'addice l'intimità di un Toschi; Siena resa dal fervore di Neri un centro vivo d'arte, sopratutto con la scultura sapiente di Corsini, Consorti, Martelli, e quella ingenua del boscaiolo Sani; Empoli cui Cecchi, Alessandrini, Tuti, Cioli, Vincelle ed altri vanno dando buon alimento d'arte; e infine Pistoia che conta forse i più vigorosi virgulti della regione nello scultore Marini, nei pittori Caligiani, Bugiani, Mariotti, Cappellini, Bertolli, Pierucci e nell'incisore Chiappelli.

Troppi nomi forse, senza aver lo spazio di dir di ciascuno, e con omissioni dovute alla necessità d'esser breve. Possa questo dare un idea dello sviluppo anche qui recato dall'organizzazione sindacale.

Palermo. - È qui che nella primavera dell'anno scorso con le trecento opere scelte e riunite da Pippo Rizzo segretario del Sindacato Siciliano in alcuni locali del Teatro Massimo, si è avuta la maggiore sorpresa, e sono apparse le migliori rivelazioni. Perché s'è visto come nel silenzio dell'isola, donde da anni non giungevano alle esposizioni che nomi ormai anche troppo noti, si fosse andata preparando tutta una messe di giovani eccezionalmente dotati: Giarrizzo, Bevilacqua, Raitano, Lazzaro, Schiet, Amorelli, Faja, Catalano per nominare solo alcuni dei pittori, Delisi, Bonfiglio, Bertolino, scultori, e l'incisore Bartolini, tutti avviati verso un'arte salda, vigorosa, costruttiva, moderna nel miglior senso della parola. Quando si colleghino questi nomi a quelli di Campini, Guarino, Pulvirenti, Trombadori, che già avevano varcato le rive della Sicilia, si comprenderà quale merito sia per il Sindacato aver fatto vegetare un terreno che pareva, erroneamente, inaridito.

 

 

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