Pillole d'Arte

    
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(Fonte : Emporium - nr 462 giugno 1933)
 

In memoriam: Libero Andreotti

Il Vasari avrebbe amato Libero Andreotti per la sua vita e per la sua arte e avrebbe scritto di lui una biografia commossa e compiuta, tanto le vicende della sua esistenza varia e agitata rispondevano ad una ideale vita d'artista, ad una vita fuor del comune, tutta illuminata e guidata da una volontà tenace e sicura, e allietata da uno spirito e da un'arguzia sommamente care al biografo aretino. Ma non solo il Vasari avrebbe trovato in Libero Andreotti un esempio di vita artistica interessante e significativa; qualunque biografo moraleggiante potrebbe trovare nella vita dell'Andreotti un empio degno di essere citato a modello di un'esistenza fatta tutta di lotta e tutta accesa dal fuoco o di una tenacia costante ed instancabile. A parte ogni giudizio sul suo valore artistico e sulle conquiste lentamente, ma sicuramente ottenute, tutta la sua vita è stata come una battaglia quotidianamente combattuta, e può veramente essere additata ad esempio della vecchia massima: volere e potere. Era nato a Pescia nel 1875 di modesta famiglia di artigiani di campagna, e di buon'ora si era messo al lavoro anche lui, seguendo le orme paterne, dapprima come fabbro, poi come e tornitore meccanico, ma aveva una gran voglia di imparare e malgrado il lavoro manuale studiò per diventare maestro elementare. Al momento di dar l'esame una crisi di dubbi e di paure lo trattenne dalla prova. Con quella rinunzia l'Italia ebbe un maestro elementare di meno ma un artista di più.
Cominciò allora per l'Andreotti un lungo periodo di difficoltà e di lotte, prima a Lucca, poi a Palermo dove si recò per fare il commesso d'una libreria e dove cominciò a disegnare caricature per un giornale umoristico locale, quindi a Firenze impiegato in una tipografia, disegnando illustrazioni varie e manifesti, ma coltivando a anche le lettere che erano rimaste una sua segreta passione, e legandosi d'amicizia con giovani artisti e letterati come Sem Benelli, Oscar Ghiglia, Adolfo De Carolis ed Enrico Sacchetti. Anni di lotte e di miserie furono questi, ma che maturarono il suo ingegno e gli rivelarono le sue attitudini e le sue possibilità. Nel 1906 va a Milano, si lega col gruppo degli artisti d'avanguardia, e si fa notare da Alberto Grubicy, negoziante-artista di buon gusto e di buon fiuto, che lo incoraggia a scolpire e riesce far esporre al Salon di Parigi un suo bronzo, La Vetta che lo rivela improvvisamente scultore già maturo e sicuro. L'impressionismo di cui si era imbevuto a Milano nei suoi primi anni di arte, si dissolve rapidamente davanti ad una sua visione del vero più attenta e più amorosa, più sincera e più sua. Dopo la parentesi della guerra, nella quale anche l'Andreotti lasciò le stecche e lo scalpello per le armi, tornò a Firenze e cominciò allora un periodo di attività intensa e fortunata alternando il lavoro con l'insegnamento, già che era stato chiamato ad insegnar plastica all'Istituto d'Arte. Le varie esperienze passate a maturato e avevano rivelato nell'artista virtù di creatore.
Egli era venuto tardi all'arte, ma il suo svolgimento fu rapido e continuo dalle prime cose imbevute di impressionismo e di letteratura, alle ultime tanto più semplici e serene, tanto più toscane. A poco a poco la origine toscana, un po' nascosta nei primi tempi, si è rivelata sempre più profonda e decisa, con quel suo anelare alla ricerca d'un carattere e d'una espressione definita. Gli ultimi suoi ritratti, esposti l'anno scorso a Venezia e che sono l'uno alla Galleria d'Arte Moderna di Torino, l'altro a quella di Firenze, sono tra le più nobili cose della scultura italiana d'oggi e si ricollegano alla grande tradizione fiorentina del Rinascimento. La Pietà, nel monumento alla Madre italiana in Santa Croce, il Cristo che risorge, sotto l'arco di trionfo di Bolzano, l'Angelo nel monumento ai Caduti di Roncade, L'Italia che difende l'eroe ferito, nel monumento ai Caduti di Saronno, sono le sue opere maggiori e più solenni, quelle che hanno affermato la rinascita della scultura italiana in questi anni, ma più che in queste opere maggiori e monumentali, le sue grandi, incomparabili virtù appaiono in quei due ritratti recentissimi, e nell'Annunciazione di casa Toeplitz, nelle quali il suo spirito si accosta ad un modello insuperato, quello del Verrocchio, non per imitarlo, ma quasi per continuarne l'opera.
La sua morte così immatura, avvenuta il 4 aprile scorso, tanto più ci è stata penosa in quanto che la sua giornata terrena non era ancora compiuta e grandi cose ancora egli avrebbe potuto creare per la nostra gioia e per la gloria dell'arte italiana.
Art. Jahn Rusconi