Pillole d'Arte

    
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(Fonte : Fiorentina Primaverile - 1922)

Anselmo Bucci


E' ancora assai giovane, specie in confronto della maturità della sua arte, essendo nato a Fossombrone, nel 1887. Ha vissuto per parecchio tempo a Parigi, dove non ha mai rinunziato a tenere un pied a terre, anche dopo il suo ritorno in Italia. A Parigi capita una volta tanno e anche più di rado, per lavorare in pace e «rifare lo spirito e la mano» - dice lui - all'atmosfera parigina. A chi lo interroghi su quali sono stati i suoi maestri, egli col suo spirito arguto e pronto risponde: la Vita!

E realmente Anselmo Bucci è fra i pittori che meglio hanno sentito il fascino e l'intimo senso nervoso, sensuale della vita moderna. Come dal flusso incostante, tormentato, avido di forme sempre più intense, di essere, di sentire, di esprimere della vita moderna - e specialmente di quella febbrile della metropoli francese - il Bucci ha tratto quel carattere, così singolare pur nella sua incostanza, di commentatore acuto e di poeta sottile dell'anima moderna.

Gl'impressionisti e i post-impressionisti francesi dovevano a cotesto proposito dargli suggerimenti e ammaestramenti preziosi. «Dal 1910 al 1920 - egli ebbe a scrivere di sè stesso - ho fatto dell'impressionismo in pittura e del virtuosismo in incisione e dell'allegria sempre; dal 1920 in poi cerco di fare di più e meglio e voglio imparare il mestiere». Tale proposito lo ha condotto ad avvicinarsi maggiormente che non gli accadesse per il passato allo spirito e alla forma dell'arte italiana.

Bucci debuttò esponendo - strano a dirsi - nel Salon des Artistes francais, il più conservatore dei Salons. Dipoi espose ripetutamente agli «Indipendants» e al «Salon d'Automne» dove ottenne una menzione onorevole. Di ritorno in Italia, nel 1914 espose alla «Leonardo da Vinci» di Firenze, che gli conferì una medaglia d'argento; e nel '15 alla «Permanente» milanese dove si affermò come brillante, incisore.

Ritornò di nuovo a Parigi, ma un bel giorno, sazio della vita parigina, andò con pennelli, tavolozza e tele, in Africa. Là si ubriacò di luce. Per vedere ancora spettacoli pittoreschi fece un viaggio in Sardegna. Poi ritornò a Parigi, cosi carico di studi e di quadri abbozzati, che ne ha ancora piena la sua dimora a Montmartre.

Ma bisognava fare acqueforti per potersi permettere quel lusso di consumare un patrimonio in tubi di colori: e Bucci andò di nuovo ad incidere lastre di rame a Versailles, a Chartres e nel Belgio. Per lui, riprodurre in pochi palmi di lastra una cattedrale gotica, il Piccolo Trianon o un Beguinage era un giuoco da nulla. Certe acqueforti immense, che gli eran costate settimane di lavoro, non le firmava nemmeno. - «Le ho fatte per la pappatoria», diceva.

Poi scoppiò la guerra e Bucci, anzi «il soldato Anselmo Bucci», ora in trincea, ora in idrovolante, ora sulla laguna, ora fra qualche maceria, disegnò instancabilmente quelle «impressioni acerbe, schiette e tumultuose» che vennero in parte riunite dal Ministero della Marina in un grande album.


 
Opere esposte :
  (Dipinti a olio)

1. L'Odeon
2. Lo spasimo
3. Le Orchidee