Pillole d'Arte

    
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(Fonte : Dedalo - Rassegna d'arte diretta da Ugo Ojetti, 1928-29)

Contro il Novecento

 

CONTRO IL « NOVECENTO » si fa una campagna che è ingiusta, anche perché è fatta più di lazzi e di beffe che d'argomenti. Che significa nella nostra pittura d'oggi questo benedetto e maledetto «Novecento »? Più cose, ormai, e contraddittorie. In principio fu il nome un poco enfatico d'un gruppo d'artisti milanesi o viventi a Milano i quali erano o si credevano o volevano essere creduti d'avanguardia, e fecero nella primavera del 1926 un'esposizione raccogliendo intorno a loro altri artisti ch'essi credevano o mostravano di credere d'avanguardia. Fu una rassegna memorabile e istruttiva dove delle migliori forze delle nuove generazioni artistiche (parole del programma) mancavano solo, se ben ricordiamo, Carena, Malerba. Ferrazzi e Donghi. Ma v'era di tutto: dal verismo illustrativo dei Carabinieri di Oppo fino agli esercizi di geometria solida cari a Campigli, dal minuto e delicato fiamminghismo di Dudreville al cézannismo di De Grada.

Una scuola? Un ideale comune da sventolare per bandiera, da imporre a guida dei giovani e a soccorso dei deboli? Zero. Era una rassegna di tentativi e in taluni, Tosi e Casorati, Carpi ed Oppi, di opere. In scultura la confusione era anche maggiore, ché s'andava dalle iperboli di Rambelli alla tranquilla finitezza di Focacci. Ma insomma una esposizione non è un museo, e la buona volontà vi può sostituire la rapacità, con soddisfazione del visitatore, il quale è prima di tutto un curioso. Il solo gruppo compatto era quello « milanese »: Tosi, Funi, Sironi. Carrà. Marussig, Salietti, Tozzi, Pratelli, Campigli.

Che è avvenuto da allora, in questi due anni? Che questo gruppo d'iniziatori ha preso davanti all'opinione pubblica il sopravvento per ragioni opposte. L'una e ché esso solo aveva una fisionomia, presso a poco, comune, e perciò è stato seguito, come sempre avviene, da una folla di neofiti ancora inesperti, di Milano e di fuori, i quali hanno esagerato più spesso i difetti che le doti dei promotori, e tutto è passato sotto il nome di « Novecento », e maestri e discepoli, buoni, mediocri e pessimi, sono entrati con quell'etichetta trionfalmente nella Biennale veneziana, esasperando gli umori non solo dei colleghi esclusi ma anche del pubblico che considerava le esposizioni di Venezia, per la loro stessa natura, più equanimi e più aperte, ed irritando anche la critica la quale ha veduto riflesse in quei minori tutti i vizi e gli errori e gli orrori della nuova Internazionale pittorica, da Mosca a Parigi, da Berlino a Belgrado. L'altra è che quel primo gruppo milanese s'è venuto quasi tutto migliorando e umanizzando, e s'è allontanato di corsa dalle prime aggressive deformazioni di battaglia: in testa a tutti, Funi, Carrà. Salietti e Sironi (Tosi è un maestro che anche prima del 1926 aveva un suo volto e una sua anima inconfondibili).

Così, proprio mentre i più dei primi promotori del « Novecento » mostrano con l'anima e con l'opera d'essere degni di comandare, il pubblico li giudica attraverso le caricature dei sedicenti loro seguaci; né essi almeno, per amore di chiarezza o per prudenza di difesa, sanno separarsi, come dovrebbero e come certo il tempo farà, da queste truppe avventizie, o relegarle in quartiere, voglio dire, nelle mostre dei Sindacati dove ogni artista ha il diritto di avere la sua branda. Lo faranno nella seconda esposizione del « Novecento » che s'aprirà in marzo a Milano? È necessario se non vogliono che la confusione aumenti e i facili dileggi colpiscano insieme, come oggi iniquamente avviene, chi sa e chi non sa, chi crea e chi copia, gl'Italiani che faticano a ritrovare la tradizione e in essa la loro originalità, e gl'nternazionalisti che pur d'essere alla moda si camufferebbero anche da negri. Ricordiamo che nel primo programma del « Novecento »  si leggeva: «L'Italia deve pronunciare, a maggior gloria dell'arte, la sua antica e nuova parola di pacata umanissima limpidezza.»

Allora noi pubblicamente chiedemmo che quella sentenza, stampata in caratteri lapidari, fosse inchiodata alle pareti d'ogni sala. Ripetiamo la domanda. A confondere ancora di più le idee, venne poi il Novecento di Massimo Bontempelli che aveva un programma addirittura opposto a quello delle ptture li Tosi, Funi, Sironi. ecc. Ma qui si parla solo d'arte.