Pillole d'Arte

    
Autori   |   Opere   |   Documenti   |   Bibliografia   |   Contatti   |   Esci

 
(Fonte : Catalogo della mostra commemorativa - Villa Reale, Monza 1924)

Mosè Bianchi

 Il Comitato ordinatore dell'indimenticabile esposizione Mondiale di Milano del 1906 si era lodevolmente proposto di ricordare Mosè Bianchi - a due anni dalla sua dolorosa scomparsa - raccogliendo in una mostra postuma le opere principali del grande Maestro monzese. Ma i nobili sforzi di quel Comitato non approdarono a brillante successo, come riconobbe lo stesso Catalogo della Mostra 1906 così giustificando a pagina 119 l'esito poco confortante dell'iniziativa: "L'esposizione retrospettiva delle opere di un artista eminente dovrebbe dare un'idea completa della produzione di lui; una tale mostra ci fu impossibile attuare per Mosè Bianchi giacchè i suoi capolavori e i quadri più celebrati si trovano sparsi nei principali centri del mondo, esposti all'ammirazione del pubblico, ed il raccoglierli qui era troppo ardua impresa". Il programma originario venne quindi modestamente limitato alla raccolta di bozzetti e disegni per dare a quella prima esposizioncella commemorativa un "carattere intimo" di indubbio interesse per gli studiosi del pittore, ma di scarsa attrattiva per il pubblico. Anche la mostra ordinata con amorosa devozione a Torino da Pompeo Mariani e da Leonardo Bazzaro nel 1902 - vivo ancora alla sua straziante agonia di quattro lunghi anni il Maestro ! - non radunò che una cinquantina di opere benché selezionate con quella intelligenza di gusto e quella finezza di sagacia che non si poterono più ammirare nel coacervo della "sala individuale" di Mosè Bianchi, quasi improvvisata nella penultima Biennale di Venezia.

II Consorzio Milano-Monza-Umanitaria rilevò come la ricorrenza del 2O" anniversario della morte di Mosè Bianchi suggerisse quest'anno - come memore dovere - l'idea di un'altra Mostra Commemorativa, capace di riuscir veramente definitiva e in grado di presentare l' Artista agli italiani - che poco o mal lo conoscono, specialmente se giovani - nell'interezza della sua vasta produzione, nella ricca mirabile varietà del suo andito pittorico. E credette opportuno d'indire il convegno celebratore in questa Monza dove il Maestro è nato ed è morto, nelle splendide sale di questa Villa Reale or ora redenta dalle fosche tragiche ombre di un dramma truce dopo il luminoso successo di un'impresa d'arte che venne anch'essa come l'attuale giudicata temeraria ai suoi inizi: la Prima Biennale delle Arti Decorative. Il novello compito - se non temerario - era certo molto difficile: rintracciare nelle Gallerie e nelle case, in Italia e fuori d' Italia, le opere più rappresentative del Maestro, convincere le giustificate ritrosìe dei possessori a separarsi dalle tele preziose ed amate, vincere le ostilità regolamentari delle pubbliche raccolte, fiutare e rintuzzare le insidie della speculazione pronta sempre a contaminare la purezza e la nobiltà d'ogni più alta e serena manifestazione d' arte !
Tutto fu tranquillamente preveduto, tutto fu agilmente superato. Ben possiamo con un certo legittimo orgoglio proclamarlo oggi, dopo aver allineato nelle magnifiche sale del Piermarini quasi seicento opere del Maestro. Ad aggiungere dovizia ad una collezione così gigantesca, in questa Mostra così completa come nessun altro pittore defunto poté sinora avere, mancano soltanto due opere di grande importanza: la Burrasca e l' Interno del Duomo di Monza. La prima venne acquistata nel 1880 all' Esposizione Internazionale di Torino da Vittore Grubicy De Dragon per incarico di un signore inglese il quale non declinò neanche il proprio nome; l' Interno del Duomo di Monza risulta venduto in una mostra milanese al re Leopoldo II del Belgio. Ma le autorità politiche ed artistiche del Belgio interpellate tutte mercé l'autorevole intervento e la squisita cortesia del nostro ambasciatore Ruspoli, escludono che quel dipinto di Mosè Bianchi abbia mai varcato i confini dello stato belga. Certo il re Leopoldo lo acquistò per offrirlo in regalo.... internazionale. Comunque i due quadri permangono assolutamente introvabili. Sono però i soli veramente significativi che il Comitato non può presentare a questa Mostra, con suo grande dolore, non certo col rimorso di aver trascurato fatiche ed indagini per rintracciarli.

Tutti gli altri, meritevoli del postumo richiamo d'onore per pregi d'arte e per eloquenza biografica, sono qui per merito del convinto illuminato fervore della nostra Commissione veramente mirabile di acume nel braccare l'esistenza delle opere e per la pronta e abile solerzia nello svolgere le pratiche necessarie per assicurarle alla Mostra. Dal nostro illustre Presidente, senatore Luigi Mangiagalli, giovanilmente partecipe ai lavori e pronto sempre a sorreggere coll'autorità del suo nome gli sforzi dei colleghi, al più umile impiegato del Consorzio, fu una gara nobilissima di alacrità e di entusiasmo per la buona riuscita della Mostra. Ma conviene anche rendere un giusto meritato omaggio ai possessori delle opere. Ispirati al lucido esempio della Real Casa che mise a disposizione del Comitato, subito, con convinto cordialissimo animo, le opere ospitate al Quirinale e nel Castello di Racconigi, tutti gli altri fortunati proprietari dei dipinti di Mosè Bianchi, dalla vedova signora Carolina Bianchi la quale ci offrì l'unico dipinto che del marito le rimane, al principe on. Alberto Giovanelli (che ci spedì il materiale per comporre una intera sala) si addimostrarono ben lieti e alcuni quasi fieri, di cooperare alla riuscita dell'iniziativa la quale si proponeva la rivendicazione piena e definitiva del grande e caro pittore. La Giunta Municipale di Milano d'accordo coll'Accademia di Brera, ci accordò con altre sette magnifiche tele della Galleria d'Arte Moderna - la replica del 1872 della Cleopatra, molto più succosa di colore di quella più vasta del 1865 ora nella Galleria Durini alla quale piacque negarla con una invincibile cocciutaggine che rende - nel confronto - più meritorio il gesto cordiale dell' Amministrazione Comunale milanese. E sopratutto i dirigenti delle pubbliche Gallerie - pienamente consapevoli dell'opportunità d'un tentativo di fare assurgere l'insigne pittore nostro a quella larga notorietà internazionale che la Francia riesce ad assicurare anche ai più modesti suoi artisti contemporanei ! - non esitarono a turbare per sei mesi la studiata armonia delle pareti nelle loro Gallerie, per inviare a Monza i rispettivi capolavori di Mosè Bianchi.

Io non posso ricordare senza commozione di gratitudine lo slancio spontaneo onde gli amici Arduino Colasanti e Ugo Fleres, Nino Barbantini e Orlando Grosso, il dott. Rovere, il comm. Aversa, Pietro Chiesa e Valentino Bernardi, distolsero le tele dalle Gallerie da loro dirette a Roma, a Venezia, a Genova, a Torino, a Verona, a Lugano, a Bergamo, per avviarle con cuore giocondo, con illuminata soddisfazione di italiani e di artisti, a questo loro ultimo fraterno convegno di gloria comune ! E gloria duratura, se - ad un ventennio dalla morte dell' Autore - l'opera sua ritorna alla luce nell'integrità di tante e molteplici manifestazioni, tutta così fresca, robusta, giovane, di quell'immortale giovinezza eternamente florida e fulgida ch'è privilegio delle supreme creazioni dell'arte. Per quanto fosse alto il concetto onde Mosè Bianchi era circondato da decenni nel campo degli artisti, egli riappare in questa Mostra assai superiore alla sua fama precedente e come un colosso poderoso della moderna pittura italiana per la versatilità smagliante del suo temperamento, la gagliarda sommarietà sintetica della sua rapida pennellata, l'aristocratica evanescenza delle tonalità, la sottile e delicata armonia del colore. E la sua originale virtù di pittore culmina nella prestigiosa energia dinamica della sua pittura onde il complesso della sua produzione, qui nelle sale commemorative, in così ricca abbondanza di visioni evocate, sembra tutto un mondo turbinante in un ardore irrefrenabile di movimento.
Domenico Morelli, ad un gruppo d'artisti milanesi capeggiato da Leonardo Bazzaro, che, recandosi a Napoli lo salutava: "il grande maestro italiano" rispondeva seccamente, quasi irritato, che il vero grande maestro dell'arte italiana moderna era un lombardo: Mosè Bianchi ! ... Uguale sentimento di convinta venerazione professava per il collega di Monza il buon Telemaco Signorini. E questo culto ammirativo dei pochi che lo seppero comprendere vivo, nella piena maturità dell'ingegno e della vita, si rinnoverà certo generale, in cospetto a questa esposizione riuscita così completa, vasta e solenne.

Nel percorrerne in commosso raccoglimento le sale nei brevi giorni intercorsi fra la febbre dell'allestimento e il trambusto delle cerimonie inaugurali, io chiedevo a me stesso se l'opera di Mosè Bianchi non rappresenti nella pittura ciò che nella musica fu manifestazione del genio alato ed irrompente di Giuseppe Verdi. Questo accostamento di nomi, che può sembrare strano o temerario, non mi venne suggerito soltanto dall'onda di effetti musicali ch'io sento aleggiare e disfrenarsi attraverso a tutte le tele di Mosè Bianchi, altrettante melodiose sinfonie nella delicatezza suggestiva e penetrante dei loro accordi cromatici: ma ben anche perchè - a mia impressione - l'arte del Maestro monzese, come quella dell'autore di Rigoletto, attinge ad una schietta, spontanea, zampillante facilità di vena popolana la sanità dell'impeto e del volo per sollevarsi alle più elette e raffinate sensibilità dell' estro... .
Ma io non debbo permettere alla passione che l' argomento mi desta, di trascinarmi - in queste pagine destinate all'elenco luminoso di tante opere belle - a nuove divagazioni critiche già abbondantemente liberate nelle pagine di più ampio e adatto volume. Debbo però, avanti di chiudere questo breve preambolo, adempiere ancora un grato dovere: rinnovare le più vive e sincere azioni di grazie agli amici della Commissione organizzatrice poiché, insieme al bravo segretario Carlo A. Felice, mi assistettero nel lavoro paziente di raccolta delle opere. Ed un doppio ringraziamento debbo a quei componenti la Commissione stessa, i quali, eletti dai colleghi, mi recarono il contributo della loro illuminata fatica anche nell'ardua delicatissima funzione di collocamento delle quasi seicento opere raccolte e disposte secondo un ordine cronologico assai libero, per mettere in più chiara luce la varietà dei soggetti. Gustavo Botta mi offri la sua competenza di studioso sottile ed acuto del Maestro, ing. Adolfo Sirtori l'entusiasmo e l'intelligenza di un esperto e fine collezionista, Manrico Bonetti la vibrante geniale attività della sua fibra gagliarda, Emilio Borsa tutta la devozione immensa che egli nutre nel cuore generoso per il suo grande zio.

Non è giunta una tela di Mosè Bianchi a questa Mostra senza che il Borsa la raccogliesse affettuosamente fra le sue braccia come una creatura viva, cullandosela estasiato, accarezzandola collo sguardo, prodigandole tutte le sue cure intelligenti per poterla porgere linda e nitida e perfetta, agli occhi del pubblico. A questo nobile trasporto d'affetto di Emilio Borsa per gli artisti della sua famiglia, è inoltre interamente dovuta la piccola raccolta di opere di Giosuè Bianchi, ordinata accanto a quella del figlio glorioso. I pochi biografi di Mosè Bianchi, con inspiegabile unanimità, lo dichiarano figlio di un "mediocre pittore". Il Borsa volle insorgere contro l'ingiustizia di questa affermazione raccogliendo i ritratti che qui attestano l'innegabile serenità di tecnica e la proba sottigliezza di disegno di chi non fu padre soltanto, ma primo e trepido e degno maestro del Maestro commemorato. Onde al Borsa si deve la rivelazione di un nobile, obliato e misconosciuto ritrattista ben meritevole della rivendicazione che il Comitato nostro gli accordò accogliendo le insistenti proposte dell'ottimo collega. La Mostra ha ottenuto fin dal suo inizio brillantissimo un risultato pratico e confortante: quello di assillare l'opera del Comitato da tempo costituitosi per l'erezione in Monza di un ricordo monumentale di Mosè Bianchi. A concretare questo dovere di devota ricordanza lavorano alacremente molti valentuomini monzesi. Onde è lecito sperare che colla inaugurazione della II Biennale delle Arti Decorative, l'anno venturo, possa coincidere l'inaugurazione della statua finalmente eretta al grande pittore autoctono, nella città memore ed orgogliosa d'essergli stata madre.

Guido Marangoni