Pillole d'Arte

    
Autori   |   Opere   |   Documenti   |   Bibliografia   |   Contatti   |   Esci

 
(Fonte : Dedalo - Rassegna d'arte diretta da Ugo Ojetti, Milano-Roma, - 1922-23)

IL BOZZETTO DEL NAPOLEONE DI CANOVA

In una sala del Civico Museo Revoltella, già fastosa abitazione del ricco mercante che ne fu il fondatore e il donatore alla città di Trieste, e che raccoglie le opere d'arte moderna dall'ottocento ad oggi, si può vedere, collocato in un angolo e sorretto da una colonna, un bozzetto in gesso di modeste proporzioni (1). Ignorato dai più, anche dagli studiosi, il piccolo capolavoro è passato quasi sempre inosservato, nel suo angolo tranquillo, fra il luccichìo degli specchi, i riflessi dei mobili dorati e delle ricche suppellettili, ostentanti il lusso artificioso caratteristico della metà del secolo scorso.Eppure quale soffio purissimo di vita e quanto magistero d'arte sono racchiusi in quel piccolo gesso! Le riproduzioni che per primi abbiamo la soddisfazione di offrire al godimento dei lettori, ci esimono dal dilungarci in descrizioni. Si tratta del gesso originale ricavato dal bozzetto in creta in cui Antonio Canova fermò la sua prima idea per la grande statua dedicata a Napoleone Bonaparte, Primo Console. Esso dovrebbe risalire perciò allo spazio di tempo che va dal 1803 all'805, al più tardi. Com'è risaputo, il Canova eseguì il primo ritratto del Bonaparte quando, dopo molto tergiversare, aderì all'invito di recarsi a Parigi, ove si fermò fra il settembre e l'ottobre del 1802. Vi ritrasse il Primo Console in un busto grande al vero. Cinque anni più tardi, egli aveva già compiuto a Roma il modello della famosa statua colossale rappresentante l'Imperatore in quell'eroica nudità che così varie discussioni doveva sollevare e che, eseguita in marmo, era destinata alla capitale francese.

Nel frattempo, il Vicerè Eugenio Bonaparte, sinceramente e profondamente ammirato dell'opera insigne, ne ordinava una riproduzione in bronzo, in minori dimensioni, da collocarsi in una piazza di Milano. Non ci attarderemo a narrare le vicissitudini per le quali il colosso marmoreo, arrivato a Parigi nel 1811, passò poi a Londra in possesso del Duca di Wellington, ed il bronzo, fuso a Roma un anno prima, non fu collocato a Milano alla vista del pubblico che nel 1859. Diremo soltanto che della statua eroica di Napoleone esistono ancora due gessi: uno, l'originale, a Possagno e un secondo a Roma.

Questo bozzetto di Trieste ha dunque un valore ed un interesse particolari. Alto appena 74 centimetri (fino all'aquila 86.5 cm.), ma curato in ogni sua parte, esso rivela quale precisa e chiara visione l'artista abbia avuto sin dal principio nel concepire la sua opera. Fra il bozzetto e la statua bronzea di Brera (che è l'esatta riduzione del colosso in marmo di Londra) ed alla quale sempre ci riferiremo, non esistono differenze sostanziali. Le proporzioni e la posa della figura, i movimenti della testa e degli arti sono gli stessi; così il tronco d'albero che serve di appoggio, le pieghe della clamide, ecc. Solamente nel bozzetto manca la piccola vittoria alata e vi si vede in più l'insegna dell'aquila.

Passando a più minuto esame, noteremo che il bozzetto ha qualità stilistiche differenti in confronto dell'opera compiuta. Plasmata con una meravigliosa, invidiabile bravura, di primo getto, senza pentimenti, quasi con foga e quasi esclusivamente a colpi di stecca dentata, la figura di questo gesso originale, che nella sua scrupolosa fedeltà tiene il posto dell'argilla malleabile che conobbe l'ardore creativo dell'artefice sommo, ha un senso di vita maggiore che nell'opera di bronzo. Lo si scorge nei profondi segni delle attaccature dei muscoli, nella modellazione poderosa della schiena e dei fianchi e nel modo con cui è reso il movimento elastico e nervoso degli arti inferiori. Anche la testa, superbamente condotta, ricavata direttamente dal primo ritratto eseguito a Parigi, espressiva ed affascinante, è, rispetto al corpo, in più giusto rapporto. Nel bronzo, invece, l'artista si è preoccupato di perfezionare il modellato e le proporzioni, seguendo i canoni di bellezza eroica e classica che si era prefissi e che, più che altrove, il monumento richiedeva. La testa, rimpiccolita ed idealizzata, ha perduto gran parte del suo fascino; il torace è maggiormente sviluppato, tanto da dare al tronco una forma sensibilmente piramidale, gli arti sono più torniti, carnosi, un po' inerti.

Questo bozzetto, tardivamente ma poi in tempo illustrato, così pittoresco nell'insieme, reso con così vivace senso della forma in movimento, uscito con tanto calore d'improvvisazione dalle mani del grande plastico, basterebbe da solo a rivelare, finalmente, se alcuno non lo avesse già intuito, quale indiscutibilmente chiaro elemento di congiunzione rappresenti l'arte canoviana - pur nel suo classicismo sempre tradizionalmente italiana - fra la scultura barocca e quella dei nostri giorni.

ALBERTO RICCOBONI