Pillole d'Arte

    
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(Fonte : Dedalo - Rassegna d'arte diretta da Ugo Ojetti, Milano-Roma, 1921-22)

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IL PITTORE GIUSEPPE RICCI

 
Quest'armonia pittorica si esercita in una gamma ristretta, che è quella che forma la personalità del pittore: è un'armonia fondamentale grigio-rosa con bassi di bruno Van Dyck, qualche rosso mattone, e note alte di verdolino tenero. Nella donnina che intreccia corone, finissimo abbozzo in cui si direbbe ci sia nelle carni gessose e nell'armonia cromatica e nella velatura liquida un ricordo di scuola inglese del settecento, di Romney per esempio, forse visto attraverso Blanche, l'armonia è di carni bianco-roseo tra veste verdolina e veli rosa. Nella Partenza degli sposi, in cui il vecchio abusato motivo del pianto dei genitori è rinnovato dall'unità della visione pittorica, dalla freschezza dell'abbozzo, dai finissimi rapporti di toni attenuati, il fondo è grigio-rosa, la zimarra paterna bruno-rosa, la veste della vecchia madre rosa-grigio con scialle nero, le sedie verdoline. Questa è l'armonia dominante, ma non ne è schiavo.

Nella Lezione di musica è di rosso mattone, bruno e turchino chiaro; nella Questua nell'oratorio (in cui è più vivo il riflesso dell'impressionismo francese, sopratutto delle ricerche del Besnard) è di bruno, rancione e bianchi in ombra (pag. 609). Le testine delle ragazze tra i veli bianchi, che, attraversati dalla luce, le rendono quasi diafane per riflessi chiarissimi, sono una delle cose pittoricamente più geniali del Ricci. Rari i suoi studi all'aperto. Ma ve n'è uno di mendicante turco addormentato al sole presso una bimba, che ha la finezza di certi ritrattivi del De Nittis.
 
  Qualche opera sta a parte. Il San Giuliano, per esempio; il santo che nella capanna di frasche dice le preghiere, gli occhi alzati al cielo. (pag. 608). Qui non è più la pura compiacenza pittorica. Permane la gamma: carni di grigio rosa sul fondo grigio rosa nocciola della capanna: quasi una monocromia rialzata dal caldo dorato del cielo; ma la rappresentazione, nella semplicità della sua linea e nel rembrandtiano effetto di luce, nasce da una vibrazione di poesia religiosa. Tanto è vero che la forma è trascurata e insufficente. Si direbbe che il Ricci, tutto preso dal bisogno di fissare rapidamente la poesia della sua commozione, abbia sacrificata la sua meditata capacità di disegnatore. La poesia di luce diviene qui poesia di anima. Vi è in quell'estasi un'emozione non frequente fra i moderni italiani. Mi pare che bisognerebbe, per trovarne una simile, scendere sino al Previati.

A parte sta anche il Ritratto della madre (pag. 612). L'armonia ne è insolitamente grave: nero e rosso mattone. Abito nero; rosso mattone con gradazioni il tappeto, il cuscino, il tappeto turco, il paravento, il taglio del libro aperto. Vi è nella posa, nell'espressione, nell'ambiente una semplicità, una larghezza, una nobiltà antiche. Si direbbe che nel comporre l'austera effige materna abbia ricordato i ritratti di cui la scuola genovese fiorita nel solco vandyckiano, popolò i palazzi della città natale. Anche la modellatura non è quella solita; è più secca, quasi dura, ma si vede che non è stento, ma ricerca di semplicità e di austerità. Il pallido viso della signora, dagli occhi chiari, dalle labbra sottili, è profondo di carattere. La finezza dei rapporti introduce in quell'armonia cromatica antica una sensibilità nuova.

  Tra questo ritratto esposto nel '92 e la Annunciazione prodotta nel '900, il Ricci produsse assai, talora indulgendo ad un'eccessiva nebulosità di visione, talora intorbidando la sua limpida pennellata con pesantezza di pasta meno adatte al suo temperamento, e con ricerche di luminosità azzurrina che non si integravano bene con la sua maniera: era il fatale riflesso dell'indirizzo pittorico di quegli anni; ma negli ultimi due anni della sua esistenza, egli quasi presago della fine precoce, ritornava alla sua visione più personale, alla sua elaborazione più limpida e pura, con due opere che sono le sue più mature ed espressive: Dopo il bagno e L'Annunciazione. Dopo il bagno : un tema d'intimità mille volte rifatto, e pure come rinnovato dalla aristocratica signorilità della visione! (pag.614). Nulla dell'afrodisismo consueto a queste rappresentazioni: è un nudo casto: l'espressione del viso della donna che si specchia mentre la domestica l'asciuga, è quasi melanconica. A quest'impressione austera contribuisce la colorazione. È quasi un semplice chiaroscuro: carni pallide e bianchicce tra il lenzuolo bianco, su un fondo neutro sfumante: la monocromia non è avvivata che dal viso e dal braccio più coloriti della domestica e dal verdone attenuato della sua veste.

Tagliato da maestro, sottilmente equilibrato nelle masse, audace nella nota nera dei volgari capelli corvini che staccano in quel candore, finemente psicologico nel contrasto fra le due nature, aristocratica e plebea, è un'opera rara per la nobiltà con cui è vista, e per l'agilità delicata con cui è condotta. Il viso della signora, definito con leggere e liquide sfregature sulla tela ad olio (a cui per l'abitudine contratta in Francia rimase sempre fedele, ottenendo una fluidità di velature trasparenti, negate ai seguaci delle tele a gesso, ma sopportando per converso l'inevitabile ingiallimento e le screpolature delle cose ridipinte a vernice sulla pasta sottostante) è forse il più intenso e il più intimo che il Ricci abbia dipinto; il seno, pur quasi senza colore, raggia veramente di luce; la mano della domestica è una meraviglia di finezza scaltrita; il verdone del gialletto ha un tono di nobiltà antica, ed è dipinto con una sprezzatura da artista grande.

  Nell'Annunciazione dipinta l'anno seguente, il Ricci cercò, ma non raggiunse quell'equilibrio (pag. 615). Lo sfondo dell'atrio con l'angelo, nel suo tentativo di luminosità cruda non si fonde colla figura principale. Ma questa respira una così dolce umiltà, è dipinta con una pastosità così succosa nelle carni rosate, con una tal finezza di tono nei panneggi del manto nero ed oro che i colleghi, i giovani sopratutto, ne rimasero scossi. E dinanzi a quell'improvviso entusiasmo egli sorrideva con quel suo fine sorriso malizioso come a dire: soltanto oggi vi accorgete di avere tra voi un maestro ? E si indugiava volentieri a raccontare con pacato umorismo i suoi primi passi nell'arte, i suoi studi a Parigi, con l'equilibrio di spirito e di parole dell'uomo colto e corretto per nascita e per costume, modesto, ma conscio del suo valore. Fu la sua ultima prova. Una lunga malattia lo spegneva un anno dopo, alla vigilia della Biennale Veneziana, dove l'Annunciazione testimoniava della maturità del suo ingegno falciato in pieno vigore.

Tale l'opera del Ricci rievocata in alcune delle sue pagine più caratteristiche fra le rimaste fra noi, perchè non poche delle sue cose rimasero od andarono in Francia (il museo municipale di Parigi ha i Saltimbanchi, e quello di Pau Alla Stazione). Un petit maitre ? Senza dubbio. Ma la moderna pittura italiana non ne ha molti di così personali e squisiti.

Enrico Thovez                     
              
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