Pillole d'Arte

    
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(Fonte : Emporium - n° 90 - Giugno 1902)
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Artisti contemporanei - Vincenzo Cabianca

 
Ma non bisogna su di essi insistere troppo; perchè restano di gran lunga inferiori alle savorose tavolette ad olio, che il pittore aveva conservate presso di sè e che sono già uscite dall'agglomeramento dello studio per essere singolarmente gustate ed ammirate in una Mostra che benemeriti e onesti promotori hanno risoluto di preparare nello stesso Palazzo dell'Esposizione a Roma. Vi è in quegli studi ad olio tutta la vita e tutte le peregrinazioni dell'artista: la sua devozione illimitata alla natura semplice ed eloquente, il suo ardore nel ritrarne ed esprimerne sinceramente l'anima del colore. Non vi mancano marine, effetti lunari, piccole scene della vita familiare; ma le vedute dei paesi, le case soleggiate, i bei muri bianchi incandescenti vi hanno un notevole predominio: e i luoghi prediletti ritornano sempre quelli: Venezia, Portovenere, Forio d'Ischia, Parma, Palestrina, Castiglioncello.

Un acquarello del 1863 vi è inoltre specialmente notevole, pei motivo di due bambini che si bagnano mentre le mamme li guardano e per la fattura più dura e opaca, in cui a pena è qualche accenno di quella morbida e intensa fusione che raggiungerà nell'acquarello parecchi anni dopo. E vi è un pastello, forse l'unico, con un effetto calmo di neve lungo la via Flaminia. Calatafando e La Carbonaia sono altri due quadretti ad olio intensissimi di colorito pare in essi veramente che il Cabianca aggiunga uno splendore e una profondità singolari ai toni più foschi e più sordi; da cui distogliendo lo sguardo per ammirare l'acquerello, Accanto al fuoco del 1901, non si può ricevere nessuna sorpresa, tanto appare naturale che un pittore il quale aveva conquistato una tale sicurezza e vibratezza di colori dovesse egualmente farle valere con qualunque mezzo, con l'olio o con l'acquarello.
Qual trapasso dalla pittura ricamata a bioccoletti, con cui adolescente illustrava La partenza di Goldoni e poi anche a Firenze si entusiasmava per gli antichi cittadini in lucco porporigno! Mancandomi ogni mezzo di sapere come fosse dipinto il quadro Goldoniano, accennerò a un abbozzo dei Fiorentini nell'orto: un gruppo nero di cinque figuri pensosi e come meditabondi di qualche congiura. La signora Cabianca gentilmente mi avverte che quello dalla mano al viso dovrebbe essere il Banti medesimo; ma il complesso del quadro e la scurezza pesante delle macchie non riescono a produrci alcuna emozione.

La singolarità del Cabianca fu e resta la intensa tecnica dell'acquarello. Nino Costa, ancor commosso dalla morte dell'amico e fratello d'arte, mi accennava che il Cabianca mutò decisamente la sua tecnica, quando si recò a Roma e vi potè conoscere un pittore tedesco, un tale Stecler, che molto lavava e rilavava i suoi acquarelli, aggiungendo loro una solidità e trasparenza efficaci. Il Cabianca ne fu vivamente impressionato; e da allora, cioè verso il 1870, si può dire che abbia origine la serie indimenticabile de' suoi acquarelli così personali, così intensi che, una volta ammirati, non si possono dimenticare; e nei quali sempre più intensificò la ricerca delle smorzature, la sovrapposizione di tinte misteriose e l'effetto vaporoso e pensoso del cielo e del mare. Strofinando e lavando e rilavando, non poche volte gli accadde di bucar la carta; ma egli non se ne sgomentava, vi incollava altri fogli e finchè il mistero complessivo non gli sembrava pienamente raggiunto, non ristava dallo strofinare. Però gli avveniva, io penso, che amalgamando le tinte generali perdesse i toni bianchi, che generalmente dagli acquarellatori son lasciati esprimere dal foglio stesso, e li dovesse riapplicare direttamente con un po' di tempera.

Quando nel 1886 un gruppo di nobili artisti, per reagire contro il mestierame spagnolesco che invadeva la capitale, si raccolse ad esporre nelle poche sale offerte dal Signor Giorgi nel suo palazzo in via S. Nicola da Tolentino, Vincenzo Cabianca vi si presentava con dieci quadri, fra cui l'Ave Maria, la Giornata grigia e il Giorno se ne andava ottennero unanimi e caldi plausi. Si rivelava in essi una nota malinconica dominante; ma una malinconia fine e pur sana, che dà riposo e infonde tranquillità. Nel primo s'illuminava tutta la dolcezza di un tramonto veneziano; nel secondo era una gentile rispondenza di candore fra le ale candide delle monache nella pace del chiostro e lo svolo dei colombi su pel cielo pur acceso da un tramonto. Ma il sentimento dell'ultima ora del giorno e la malinconia di un luogo solitario acquistavano la migliore espressione nel Lo giorno se ne andava: un paesaggio tranquillo eguale, senza contrasti di tinte, senza varietà di alberi e di figure: solo presso un muro di rozza pietra un pellegrino che guarda il cielo ancor chiaro verso Oriente e i veli di ombra che si addensano sui pochi alberelli lontani.
Fra le altre pitture esposte figurava anche una dal titolo Un sito da briganti. Questo titolo avrebbe potuto far credere che il Cabianca si fosse trasportato o volesse trasportare il riguardante in qualche cantuccio misterioso delle Calabrie. Ma non era che uno scherzo: il quadro rappresentava i ruderi d'una abbazia di schietta architettura toscana. Però al Cantalamessa, critico esperto dell'arte, appariva che nel singolare e mite carattere del Cabianca sopravvivesse " qualche cosa dello spirito romantico che alitò nell'arte italiana prima della rivoluzione ". Ma o pel colore studiato con criterii meglio rispondenti all'evoluzione dell'arte moderna, o per l'amore della semplicità che i vecchi, sempre un po' teatrali, avevano misconosciuta, od anche per qualche motivo d'intensa realtà, se non per tutti questi rispetti presi insieme; quell'altra del passato, di cui la giovinezza dell'artista si era pur inebriata, restò sempre nella sua anima, ma acquistò nelle opere prodotte dopo il '70 una simpatia ed una espressione che le pitture del vero periodo romantico non sanno e non possono più ispirarci.

Benchè sia vissuto sempre modestissimo e schivo degli onori, il Cabianca ottenne pure meritati successi oltr'alpe. Nel 1879 espose a Londra, nella Dubley Gallery, un suo acquarello, La neve, che gli fu subito acquistato e di cui gli fu commessa una replica.

L'altro pregevole e suggestivo acquarello Sul far del giorno, che nella Galleria nazionale di arte moderna meriterebbe di essere collocato in miglior luce, ebbe già ottima fortuna alla « Royal Accademy » del 1880 e il deputato Baring gliene comprò una copia. Nel 1883 il « Royal Institut » gli acquistò direttamente per la sua collezione il delicatissimo motivo Il fait sa cour.

Ma per dare una idea più esatta del carattere dell'artista e dei pregi come pure dei difetti della sua pittura genialissima, io non saprei far meglio che riportare il giudizio profondo e spassionato che Nino Costa, l'illustre vegliardo e compagno d'arte, scriveva sul Cabianca a proposito dell' Esposizione di belle arti in Roma nel 1883. E un giudizio che meriterebbe di essere letto integralmente e meditato, perchè tuttavia il più largo e significativo che sia stato espresso su tutta l'opera dell'illustre pittore da Verona. Dopo avere accennato a diversi motivi realistici così cari al Cabianca, egli aggiungeva: " Ma sulle scene dei poveri per mezzo di un lembo di cielo che si apre fra le tettoie nere di fumo ci dice che oltre la miseria della terra vi è un cielo eguale per tutti e che può far felice anche i poveri: nella laguna ci dà la vita della laguna, nella nebbia la speranza del sole col sospetto dell'azzurro, nelle monache fra i dolori del corpo e il malessere procurato, la possibilità della pace nella credenza di un ideale. Ed io gli faccio torto con questa descrizione, perchè tutto ciò è reso dall'artista con tanta sobrietà, giustezza di mezzi e proprietà che la parola non aggiunge nulla. In fatti in tanto dettaglio di sudiciume non vi è un filo di paglia di più, in tanti rottami non vi è un graffio nè un sasso di troppo: tutto serve alle esplicazione del soggetto artistico, egli compone co' mezzi del vero e questi gli avvolge e gli svolge con unità di sentimento e giudizio mettendoci a giusta distanza dal posto nauseante. "

 

 

 










Romualdo Pantini                  


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