Ma non bisogna su di essi insistere troppo; perchè restano
di gran lunga inferiori alle savorose tavolette ad olio, che
il pittore aveva conservate presso di sè e che sono già
uscite dall'agglomeramento dello studio per essere
singolarmente gustate ed ammirate in una Mostra che
benemeriti e onesti promotori hanno risoluto di preparare
nello stesso Palazzo dell'Esposizione a Roma. Vi è in quegli
studi ad olio tutta la vita e tutte le peregrinazioni
dell'artista: la sua devozione illimitata alla natura
semplice ed eloquente, il suo ardore nel ritrarne ed
esprimerne sinceramente l'anima del colore. Non vi mancano
marine, effetti lunari, piccole scene della vita familiare;
ma le vedute dei paesi, le case soleggiate, i bei muri
bianchi incandescenti vi hanno un notevole predominio: e i
luoghi prediletti ritornano sempre quelli: Venezia,
Portovenere, Forio d'Ischia, Parma, Palestrina,
Castiglioncello.
Un acquarello del 1863 vi è inoltre specialmente notevole,
pei motivo di due bambini che si bagnano mentre le mamme li
guardano e per la fattura più dura e opaca, in cui a pena è
qualche accenno di quella morbida e intensa fusione che
raggiungerà nell'acquarello parecchi anni dopo. E vi è un
pastello, forse l'unico, con un effetto calmo di neve lungo
la via Flaminia. Calatafando e La Carbonaia
sono altri due quadretti ad olio intensissimi di colorito
pare in essi veramente che il Cabianca aggiunga uno
splendore e una profondità singolari ai toni più foschi e
più sordi; da cui distogliendo lo sguardo per ammirare
l'acquerello, Accanto al fuoco del 1901, non si può
ricevere nessuna sorpresa, tanto appare naturale che un
pittore il quale aveva conquistato una tale sicurezza e
vibratezza di colori dovesse egualmente farle valere con
qualunque mezzo, con l'olio o con l'acquarello.
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Qual trapasso dalla pittura ricamata a bioccoletti,
con cui adolescente illustrava La partenza di Goldoni
e poi anche a Firenze si entusiasmava per gli antichi
cittadini in lucco porporigno! Mancandomi ogni mezzo di
sapere come fosse dipinto il quadro Goldoniano, accennerò a
un abbozzo dei Fiorentini nell'orto: un gruppo nero
di cinque figuri pensosi e come meditabondi di qualche
congiura. La signora Cabianca gentilmente mi avverte che
quello dalla mano al viso dovrebbe essere il Banti medesimo;
ma il complesso del quadro e la scurezza pesante delle
macchie non riescono a produrci alcuna emozione.
La singolarità del Cabianca fu e resta la intensa tecnica
dell'acquarello. Nino Costa, ancor commosso dalla morte
dell'amico e fratello d'arte, mi accennava che il Cabianca
mutò decisamente la sua tecnica, quando si recò a Roma e vi
potè conoscere un pittore tedesco, un tale Stecler, che
molto lavava e rilavava i suoi acquarelli, aggiungendo loro
una solidità e trasparenza efficaci. Il Cabianca ne fu
vivamente impressionato; e da allora, cioè verso il 1870, si
può dire che abbia origine la serie indimenticabile de' suoi
acquarelli così personali, così intensi che, una volta
ammirati, non si possono dimenticare; e nei quali sempre più
intensificò la ricerca delle smorzature, la sovrapposizione
di tinte misteriose e l'effetto vaporoso e pensoso del cielo
e del mare. Strofinando e lavando e rilavando, non poche
volte gli accadde di bucar la carta; ma egli non se ne
sgomentava, vi incollava altri fogli e finchè il mistero
complessivo non gli sembrava pienamente raggiunto, non
ristava dallo strofinare. Però gli avveniva, io penso, che
amalgamando le tinte generali perdesse i toni bianchi, che
generalmente dagli acquarellatori son lasciati esprimere dal
foglio stesso, e li dovesse riapplicare direttamente con un
po' di tempera.
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Quando nel 1886 un gruppo di nobili artisti, per reagire
contro il mestierame spagnolesco che invadeva la capitale,
si raccolse ad esporre nelle poche sale offerte dal Signor
Giorgi nel suo palazzo in via S. Nicola da Tolentino,
Vincenzo Cabianca vi si presentava con dieci quadri, fra cui
l'Ave Maria, la Giornata grigia e il Giorno
se ne andava ottennero unanimi e caldi plausi. Si
rivelava in essi una nota malinconica dominante; ma una
malinconia fine e pur sana, che dà riposo e infonde
tranquillità. Nel primo s'illuminava tutta la dolcezza di un
tramonto veneziano; nel secondo era una gentile rispondenza
di candore fra le ale candide delle monache nella pace del
chiostro e lo svolo dei colombi su pel cielo pur acceso da
un tramonto. Ma il sentimento dell'ultima ora del giorno e
la malinconia di un luogo solitario acquistavano la migliore
espressione nel Lo giorno se ne andava: un paesaggio
tranquillo eguale, senza contrasti di tinte, senza varietà
di alberi e di figure: solo presso un muro di rozza pietra
un pellegrino che guarda il cielo ancor chiaro verso Oriente
e i veli di ombra che si addensano sui pochi alberelli
lontani.
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Fra le altre pitture esposte figurava anche una dal titolo
Un sito da briganti. Questo titolo avrebbe potuto far
credere che il Cabianca si fosse trasportato o volesse
trasportare il riguardante in qualche cantuccio misterioso
delle Calabrie. Ma non era che uno scherzo: il quadro
rappresentava i ruderi d'una abbazia di schietta
architettura toscana. Però al Cantalamessa, critico esperto
dell'arte, appariva che nel singolare e mite carattere del
Cabianca sopravvivesse " qualche cosa dello spirito
romantico che alitò nell'arte italiana prima della
rivoluzione ". Ma o pel colore studiato con criterii meglio
rispondenti all'evoluzione dell'arte moderna, o per l'amore
della semplicità che i vecchi, sempre un po' teatrali,
avevano misconosciuta, od anche per qualche motivo d'intensa
realtà, se non per tutti questi rispetti presi insieme;
quell'altra del passato, di cui la giovinezza dell'artista
si era pur inebriata, restò sempre nella sua anima, ma
acquistò nelle opere prodotte dopo il '70 una simpatia ed
una espressione che le pitture del vero periodo romantico
non sanno e non possono più ispirarci.
Benchè sia vissuto sempre modestissimo e schivo degli onori,
il Cabianca ottenne pure meritati successi oltr'alpe. Nel
1879 espose a Londra, nella Dubley Gallery, un suo
acquarello, La neve, che gli fu subito acquistato e
di cui gli fu commessa una replica.
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L'altro pregevole e suggestivo acquarello Sul far del
giorno, che nella Galleria nazionale di arte moderna
meriterebbe di essere collocato in miglior luce, ebbe già
ottima fortuna alla « Royal Accademy » del 1880 e il
deputato Baring gliene comprò una copia. Nel 1883 il « Royal
Institut » gli acquistò direttamente per la sua collezione
il delicatissimo motivo
Il fait sa cour.
Ma per dare una idea più esatta del carattere dell'artista e
dei pregi come pure dei difetti della sua pittura
genialissima, io non saprei far meglio che riportare il
giudizio profondo e spassionato che Nino Costa, l'illustre
vegliardo e compagno d'arte, scriveva sul Cabianca a
proposito dell' Esposizione di belle arti in Roma nel 1883.
E un giudizio che meriterebbe di essere letto integralmente
e meditato, perchè tuttavia il più largo e significativo che
sia stato espresso su tutta l'opera dell'illustre pittore da
Verona. Dopo avere accennato a diversi motivi realistici
così cari al Cabianca, egli aggiungeva: " Ma sulle scene dei
poveri per mezzo di un lembo di cielo che si apre fra le
tettoie nere di fumo ci dice che oltre la miseria della
terra vi è un cielo eguale per tutti e che può far felice
anche i poveri: nella laguna ci dà la vita della laguna,
nella nebbia la speranza del sole col sospetto dell'azzurro,
nelle monache fra i dolori del corpo e il malessere
procurato, la possibilità della pace nella credenza di un
ideale. Ed io gli faccio torto con questa descrizione,
perchè tutto ciò è reso dall'artista con tanta sobrietà,
giustezza di mezzi e proprietà che la parola non aggiunge
nulla. In fatti in tanto dettaglio di sudiciume non vi è un
filo di paglia di più, in tanti rottami non vi è un graffio
nè un sasso di troppo: tutto serve alle esplicazione del
soggetto artistico, egli compone co' mezzi del vero e questi
gli avvolge e gli svolge con unità di sentimento e giudizio
mettendoci a giusta distanza dal posto nauseante. "
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Romualdo Pantini
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