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(Fonte : Emporium - nr 261 - Settembre 1916)
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Un'interprete dell'anima sarda: Gaetano Spinelli
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Profondo e complesso, Ã? il quadro
Nell'ombra di Sardegna, dipinto a Torralba, in
provincia di Sassari, nel novembre 1913. Sono tre donne in
lutto, che seggono vicine, forse a una veglia funebre. Si
trovano insieme per il dolore che le accomuna; ma quanto
raccoglimento in ciascuna di loro, malgrado questa unione;
quanto e isolata, ciascuna, nel proprio grande dolore! Ecco
a sinistra, accovacciata, la figura della donna più anziana:
figura ossuta, adunca, che ha qualche cosa di spettrale: il
suo sguardo ha una fissità che ti ferisce come la punta di
un pugnale. Più austera, composta, più rigida, con lo
sguardo trasognato e intento, la figura di mezzo sembra
sentire il suo dolore come una inesprimibile fatalità : �
veramente, essa, una figura mirabile. E a destra una
giovanetta, che sembra sognare. C'� in lei più mollezza: il
dolore le pesa, ma non estingue nel suo corpo accasciato una
favilla di desiderio. Lo Spinelli, che si compiace del
giudizio degli umili, mostrò il quadro, terminato, a una
delle sue modelle, quella che gli aveva servito per la
figura centrale. Nella povera donna la sorpresa per la
rapidità del lavoro - poiché lo Spinelli � veramente di una
sveltezza diabolica, quando disegna e quando dipinge, e vive
e sente e freme, in quei momenti, con una straordinaria
intensità � un altro uomo - questa sorpresa, dico, fu solo
superata dalla commozione: "Est una cosa chi podede essere"
(� una cosa proprio vera, é proprio proprio cosi), esclamò
piangendo: e non si stancava di guardare il quadro e di
piangere.
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Ma vogliamo sentire, ancora, i giudizi degli umili? E' un
vecchio contadino sardo, che davanti al quadro
Dies mei sicut umbra, una triste figura di donna
seduta immobile, sotto il peso di un cupo dolore, esce a
dire: "Questa, questa é l'anima della Sardegna". Ma
continuare su questo tono sarebbe come riportare una serie
di attestazioni mediche sul pregio di uno specifico o una
collezione di "buone referenze"; e allora meglio varrebbe
citare i nomi di critici illustri od egregi che parlarono
con simpatia o con ammirazione dello Spinelli: dal che mi
astengo deliberatamente, perche il mio scopo Ã? solo di fare
un po' compagnia, motto alla buona, a quei lettori che han
piacere di "far la sua conoscenza": e questa "conoscenza",
perchÃ? sia alla buona, e meglio farla senza preoccupanti
presentazioni. Da presentazione, semmai, avran servito già ,
in tal forma molto semplice e genuina, le illustrazioni di
quest'articolo. E con la scorta di esse, continuiamo.
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Mora di macchia
é un fiore di donna, non più freschissima, ma nella pienezza
del suo splendore: alta, flessuosa, forte, dalla bocca
sensuale, dagli occhi neri profondi tristi. E' la moglie di
uno dei tanti emigrati in America: ha con se, quasi
abbandonato tra le braccia, il suo bambino dormiente; ma lo
sguardo, il pensiero della bella donna son lontano, lontano.
L'ottimo Spinelli, mentre indugiavo a guardare il quadro, me
ne discorse: del quadro, e, più, della modella. "Si chiamava
Margherita" dice con un mezzo sospiro, (ah, mezzo sospiro
birichino!), "ed a stata la donna che mi ha colpito di più".
Io guardo il mio interlocutore, a questa confessione: egli
si adombra, si fa serio; non vuol che si fraintenda sul
significato del suo interessamento. E racconta, lungamente,
come la bella contadina fosse restia a posare: e come solo
dopo lunghe trattative, sottostando a condizioni gravose
(qualche volta, per ottenere che una donna posasse poche
ore, in quei villaggi sardi dove lo consideravano con
istintiva diffidenza perchÃ? pittore e perche forestiero,
dové prestarsi a far gratuitamente il ritratto a tutti i
membri della famiglia!), solo grazie alle intercessioni del
sindaco, del parroco, del pretore e di qualche "notabile",
poté vincerne la ritrosia, e averla davanti a se, e
ritrarla.
Ed ecco un'altra caratteristica figura sarda: un Uomo di
Barbagia (1914); fiero come un brigante e mite come un
fanciullo: ha le mani una sull'altra, come in attesa. Che
attende? pane, forse, redenzione, vita nuova: o attende
anche lui, come la "mora di macchia" qualche assente?
Ecco tutta Luce, nel vano di una finestra, una donna
incinta,
Nell'attesa (1914). Il suo sguardo velato di
malinconia ha una dolcezza strana; ed Ã? luce tutt'intorno a
lei, luce nello sfondo, una vallata verdeggiante e una
montagna con gli alberi in fiore.
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Ecco altre scene sarde:
Fra ceste e culle, quadretto dipinto a Sennori
(Sassari) nel 1905,
Dolore, dipinto a Bono (Sassari) nello stesso anno,
In chiesa, disegno fatto a Ploaghe (Sassari) nel 1912.
Ma se la vita sarda e stata per Gaetano Spinelli la
principalissima fonte d'ispirazione, egli non ha già voluto
esser cieco e inerte quando e stato altrove. A Marina di
Carrara, ad esempio, ha dipinto, con bella sicurezza di
linee,
Le renaiole
(1911), e La nidiata (1911) nella quale Ã? qualche
figurina delicatissima. A Manfredonia, due bimbe colte in
atto affettuoso gli hanno suggerito un delizioso bozzetto,
Mammina (1910).
Il titolo di questo lavoro mi serve a passare opportunamente
a discorrere d'alcune cose recenti nelle quali l'anima buona
di Gaetano Spinelli si esprime con singolare eloquenza. Son
disegni a sanguigna di grandi proporzioni, "buttati giù"
alla brava, in una o due ore di lavoro febbrile, ai quali
l'autore, dopo averli tratteggiati, mostra di non pensar
quasi più. In tempo non maggiore (risorsa invidiabile per
lui e.... per chi posa) egli fa, sempre a sanguigna, dei
ritratti che son miracoli di rassomiglianza e di
espressione. Se si dedicasse a questa forma di attività ,
diventerebbe presto un capitalista, perchÃ? pochi hanno i
requisiti, come egli li ha, per essere pittori di ritratti
"alla moda".
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Ma torniamo ai disegni che si possono riconnettere con
Mammina. Ne scelgo due, e vorrei che i lettori indugiassero
a considerarli. Una mamma che stringe a se, quasi con
frenesia, il suo bimbo, e gli preme la guancia contro la
guancia, e una mamma che al suo bimbo da il latte, e
s'indugia a contemplarlo, in atto di infinita dolcezza. Son
disegni vigorosi, sicuri, profondamente animati: in essi,
qualche cosa che non si dimentica: c'e un divino sentimento
della maternità , che li avviva. Bisogna accennar qui a un
particolare biografico, in questa che non Ã? e davvero non
vuol essere una biografia di Gaetano Spinelli. Egli ha
sposato una signorina sarda, ed Ã? il migliore dei mariti e
il più tenero e il più entusiasta dei papa. Questo basta a
spiegare come egli abbia saputo cogliere felicemente la
poesia viva e schietta della maternità e della vita
famigliare. Alla sua bambina avrà fatto cento volte il
ritratto, e cento volte glie lo rifarà .
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E son ritratti nei quali rimane sempre consacrato qualche
aspetto dell'animuccia infantile di Luisella: son frammenti
di un piccolo grande poema intimo che gli si vien
determinando nei cuore. L'arte dello Spinelli si va facendo
così più penetrante e sicuramente analitica: e il
capolavoro, il quadro immortale che farà dimenticar tutti
gli altri quadri e tanti altri quadri ancora, sarà Luisella,
la bimba ridente che ancora non compie l'anno, a farglielo
fare.
Eppure, a chi gli dicesse che e impossibile che sappia
ritrarre quell'amore di bimba, che tutti i suoi ritratti non
sono che scarabocchi in confronto del visetto di lei, egli
sorriderebbe ringraziando e consentendo con convinzione,
come se gli si dicesse una cosa lusinghiera: l'artista,
naturalmente, batterebbe in ritirata, senza nemmeno l'onore
delle armi, davanti al "papà ". E a chi poi gli dice, per
fargli un complimento (ed Ã? proprio un complimento, ve lo
assicuro, molto più complimento per lui che per la bimba),
che Luisella gli somiglia tanto tanto, egli sorride ancora,
e ancora ringrazia e consente beato; poi, lisciandosi la
testa calva, aggiunge con po' di nostalgia: "Si, ma ha i
capelli!"
Giovanni Ferretti
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