Pillole d'Arte

    
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(Fonte : Dedalo - Rassegna d'arte diretta da Ugo Ojetti, Milano-Roma, 1923-24)

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IL PITTORE FELICE CASORATI

 
I molti anni immersi nella vita e nel dovere e nel dolore ? non nazionale soltanto ma anche personale - rigettarono Casorati alla sponda della vita, ferito e stanco, ma uomo. Non erano più possibili gli oziosi vagabondaggi di un tempo. La "verità" non poteva più esser cercata in vuoti nirvana, occorreva trovarla negli elementi stessi dell'arte. Bisognava che la verità cercata coincidesse con la realtà trovata. L' "incisivo" non bastava più, occorreva un principio più complesso, più pieno di possibilità, più atto alla fusione di forma e colore, più capace di ricollegarsi alla tradizione. Da Torino, dove aveva preso dimora, Casorati si recò a Venezia nel 1920 per vedere per la prima volta Cézanne. Prima di quell'esposizione tutti, o quasi, in Italia esaltavano Cézanne senza conoscerlo; e dopo, la maggior parte lo disprezzò senza capirlo. Casorati percorse un opposto cammino: era sempre stato un anticézanniano convinto, e dal 1920 comprese, riflettè, ammirò il valore di quell'arte. Fin dal 1919, per uscir dall' "incisivo", si era dato allo studio del "rapporto dei piani", assunto come la verità o l'essenza della pittura, come il punto di coincidenza della verità e della realtà, come la sintesi di forma e colore, di arte e di vita, come il primo principio dello stile nuovo di dopo la guerra. Rifece allora "le uova" (pag.245). Non si può negare a Casorati una volontà esasperata di chiarire i suoi programmi. Riducendo al minimo comune denominatore di uova tutto lo sconfinato orizzonte dell'arte, egli cercava di esprimere con ingenua chiarezza, con rigorosa limitazione il primo principio della sua arte.

Si parla oggi dalla critica dell'abilità portentosa di Casorati. Se per abilità s'intende desiderio d'illudere, io non mi sono mai accorto dell'abilità di Casorati. In una vita artistica come l'attuale non si può fare a meno di programmi; ma poichè per arrivare all'arte bisogna superarli, l'abilità consiste nel nasconderli. E non c'è pittore oggi in Italia che spiattelli al pubblico i suoi programmi con l'ingenuità di Casorati. Ancora: l'abilità può consistere nel variare i temi; e i temi di Casorati sono uniformi. Se poi malgrado l'uniformità, ciascuna pittura attuale di lui ci appare una sorpresa, questo è dovuto all'intensità dell'arte, che sprezza appunto l'abilità, da gran signora.

Le "uova" dunque del 1913 sono un motivo di bianco su verde, le "uova" del 1920 sono un motivo di forma geometrica solida e chiara sopra un volume scuro. La prospettiva, la pausa fra oggetti, il contorno sfumato, mancanti nel primo quadro e presenti nel secondo, sono coerenze stilistiche che meglio determinano la via da seguire. Casorati crede oggi che il primo quadro non sia pittura e il secondo sì. Chi guardi ai programmi, deve considerar giustificato l'uno e l'altro: se non che, il primo trova migliore attuazione nel tessuto o nel mosaico, e l'altro appunto nei colori sulla tela. Si potrebbe quasi affermare che per attuare il suo programma, dal 1919 ad oggi, Casorati abbia costantemente dipinto lo stesso quadro: una o più immagini umane dominate determinate da uno spazio prospetticamente cosmistruito.

Quando nel 1919 dipinse "Anna Maria De Lisi" (pag.246), credeva di dipingere come dipinge adesso, eppure sino a tutto il 1920 rimase assorto in strane visioni macabre. È difficile che le sue immagini siano qualcosa più che uno scheletro, è difficile che i suoi spazii non risultino interrotti da linee e da ombre che faticano lo spirito, senza giungere a una visione sintetica. Si direbbe che la tragedia della guerra gli abbia tolto ancora in quegli anni ogni serenità per vedere. Una immagine può essere impostata plasticamente, ma è poi eseguita piattamente. Uno spazio può voler indicare il vuoto, ma non ci riesce per le troppe interruzioni. Un grande spasimo contorce, un destino atroce grava: e non si sa nè che cosa, nè perchè. La bellezza non scaturisce dalle forme per troppa costrizione sentimentale. Nè l'accento di vita trova la sua confessione piena, a causa della tormentosa ricerca di forme artistiche proprie.

Sino a che tutto questo tormento sbocca in un soggetto: "un uomo" (pag. 247). È un ebbro che dorme davanti a cinque botti smisurate, che vengono nel suo sogno e agli occhi nostri sempre più tremendamente grandi, mentre il piancito s'inclina paurosamente per ribaltare uomo e botti nel nulla. È un incubo ed è un ritratto. Per aver bevuto nella coppa del dolore, Casorati dipinge nel '19 e nel '20 una serie di incubi. Il pubblico intanto crede che Casorati faccia i giochi futuristici, e si allontana da lui. Gradatamente, durante il 1921, l'atterrimento svanisce e la forma qua e là compare. Nelle " Sorelle" (pag. 249), ad esempio, la testa di quella vestita e sopra tutto i due libri, l'uno aperto e l'altro chiuso, assumono vita. La forma si precisa, il volume si solidifica, il colore si armonizza, la luce avvolge anche le ombre; lo spazio infine si fa vie più sentire come determinante delle immagini, perchè è più limitato e privo delle abilità estranee alle necessità della visione. Rimangono ancora scarti strani, sopra tutto nelle mani, nelle braccia e nella costruzione del nudo.

"La donna e l'armatura'. ( pag. 248), ch'è della fine del '21, è realizzata con slancio nuovo: le forme rotondeggiano, la materia dà sensazione di sè, i riflessi delle luci appaiono giusti. La realizzazione visiva precede quella fantastica. Si sente che il pittore non cerca più nel tema la ragione dell'arte sua: già molto, non tutto. Quella ragione non è ancora impastata nelle forme, e però ne risulta qualche disorientamento ancora.

Durante il 1922 Casorati ha dipinto alcuni ritratti, che segnano ciascuno una tappa (pag. 250-55). "Silvana Cenni" assume un aspetto di particolare gravità e dignità dovuto alla costruzione perfettamente organica della composizione, e nello stesso tempo suggerisce soavità per la delicatezza con cui s'illuminano le ombre. Il ritratto della signora Gualino ha una vita più intensa e più individuata, in una forma più mossa e più nervosa. Il motivo del davanzale con un libro sopra, prospetticamente sfuggente, ch'è usato qui per la prima volta e di cui Casorati si è compiaciuto ripetutamente, è una base molto opportuna, perchè solidissima e anonima, al risalto di una immagine individuata.
Nel ritratto della sorella del pittore la forma torna ad essere solida e regolare: e certo quella impostazione della testa sulle spalle lentamente svolgentisi è stata prodotta in un momento felice. Nello stesso tempo il ritorno al motivo dello spazio dietro l'immagine ha ridato al ritratto la sua giustificazione tonale, che la tenda non poteva dare. Il ritratto dell'avvocato Gualino racchiude in sè gli elementi dei due precedenti ritratti; quivi è la nervosità formale della vita individuata e quivi è lo spazio prospettico e il suo perfetto riempimento compositivo. Onde scaturisce una solidità di forme superiore a quella del ritratto della signora Gualino e una energia individuale superiore a quella del ritratto della sorella del pittore. Il risultato è nuovo e non superato tuttora; una fusione perfetta di forma e colore, senza residui di sorta. Balza l'immagine dalla tela, non per chiaroscuro o per artificio, ma per vita propria: e questo è un bell'esempio del modo proprio dell'arte, quando supera la tecnica.

Insieme con la serie dei ritratti suaccennati è stato dipinto "Lo studio " (pagina 256) e, quest'anno il "Meriggio" (pag. 257), quadro non ancora esposto e che il pittore desidera sia considerato non ancora finito. Come sempre avviene, queste due composizioni hanno possibilità più vaste dei ritratti, ma nè l'una nè l'altra ha raggiunto quella esecuzione impeccabile, quella realizzazione completa che ci riveli il capolavoro. Le possibilità tuttavia sono infinite, gli spunti artistici, felici, o le trovate geniali, innumerevoli, il vigore aristocratico dello stile, evidente, la realizzazione qua e là, perfetta, il cammino percorso, lunghissimo, la via, ottima, Casorati, giovane costante tenace e ormai circondato apprezzato ammirato ? la Quadriennale di Torino di quest'anno vale perchè c'è Casorati ?: come non aver fede nella meta?
Il piano prospettico non è più inclinato per suscitare terrore, ma per mettere in evidenza la bellezza formale. L'immobilità degli atteggiamenti non significa più il gravare pesante di un fato ignoto, ma suggerisce il senso stesso della dignità umana. L'immagine vive della sua bellezza, non ha bisogno di ricercare un fatto per esprimere una concreta volontà. Impercettibile ormai, specie nella figura centrale dell'ultimo quadro, è l'irrigidimento dello stile: esso ormai plasma di sè la vita, senza confondersi con essa, appunto perchè è arte. Il giovanile amore per i quadri antichi, il desiderio di una idea liberatrice dalla realtà empirica, l'errare ozioso nel nirvana, la pressione inesorabile del dolore, l'esasperata ricerca di una coerenza programmatica: nulla è stato vano, tutte sono state tappe del cammino percorso. Ci accorgiamo soltanto adesso, per gli effetti che ora si vedono, che quel cammino è stato un progresso, ma il progresso ci è stato sempre, e si chiama la conquista dello stile.

Così che, se ci guardiamo attorno, e ripensiamo alla nostra antica gloria e alle nostre attuali condizioni artistiche, alla nostra antica egemonia e al nostro attuale provincialismo, tutto scosso dalla febbre di arrivare in un giorno là dove altri popoli sono arrivati a traverso generazioni, ci vien fatto di sentirci affini ai Fiamminghi del Cinquecento, quando i pittori avevan perso la testa dietro un indigesto Michelangiolismo, e Rubens non era ancora nato. Allora un provinciale solitario si rinchiudeva nel suo piccolo povero mondo o si perdeva in fantasticherie paurose per ritrovare sè stesso, e cioè per giungere all'arte: egli era Pieter Bruegel. Sarà Casorati il Pieter Bruegel dell'Italia attuale? È un augurio e una speranza.
Lionello Venturi     
              
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