Pillole d'Arte

 
   

 
(Fonte : Opere di scultura e di plastica di Antonio Canova - 1821)

Lettera dell'autrice

Al M..... P..... C..... A.....


Le vostre replicate ricerche sopra il celebre nostro Scultore CANOVA e le opere sue, e la più volte addotta mia insufficienza a rispondervi adeguatamente, da voi sempre male accolta; mi fecero nascere finalmente, pel desiderio di pur compiacervi, il pensiero di descrivere, come meglio per me si poteva, alcune delle opere sue, senza però distinzione alcuna del tempo in cui furono eseguite, e come mi accadeva di vederle, e e di ammirarne l'eccellenza. Io dunque ad altro non aspiro, che a risvegliare, s'è possibile, in qualche parte almeno, in Voi, ed in quelli che per avventura leggeranno queste mie descrizioni, quei medesimi sentimenti, che le produzioni sublimi del più grande Ingegno dell'età nostra, in fatto di Belle Arti, hanno destato nell'animo mio. Se non vi stancherete di leggerle, e se la vostra approvazione mi sarà dell'altrui garante, in un secondo volumetto vi parlerò di molte altre cose, che tutt'ora esistono di lui, e più di quelle vi parlerò, di cui ci avrà fino a quel tempo arricchiti, lavorando egli i indefessamente, e con una celerità, che dee parer prodigiosa, trattandosi di marmo, e di perfezione.

Mi propongo pure di scrivere la vita di lui, benché di essa interamente parlino, dirò così, i suoi lavori; tutto in quelli, e per quelli solo ei vivendo. Pure di sì grande uomo essendo preziosa a sapersi ogni cosa, della sua patria vi parlerò, e della fulgida luce di più belle speranze foriera, che sparsero i primi tocchi della sua felice matita; e come la natura con doppia liberalità la doppia via gli aprisse, che corsero i Fidia, ed i Zeusi; e come, con la fiducia delle proprie forze, quella più malagevole di Fidia scegliesse, non però così, che negletta l'altra, orme non vi abbia impresse luminose e profonde. Ho cercato, di cadere il men che fosse possibile in alcune pressochè inevitabili ripetizioni di epiteti. Ma quella idea medesima della bellezza che viene in mille e mille maniere diverse rappresentata da un dotto Scultore, il quale alla infinita varietà della natura, che imita , aggiunge la fortunata combinazione del bello ideale, che crea, non ha che pochissime voci per essere espressa dallo scrittore. E quali e quante gradazioni infinite non ci sono nella dolcezza, nella soavità, nell' asprezza, nella severità, che il più delle volte non possono che con una sola voce nominarsi! Per distinguerle tutte adeguatamente converrebbe che la nostra lingua, anzi che degli uomini, opera fosse di quella medesima Divinità, che seppe mettere nelle cose simili una così meravigliosa dissomiglianza.

Senza cognizioni dell'arte sublime della Scultura, a tant'uopo necessarie, io mi sono guardata dall'offenderne l'eccellenza, parlandone poco e male; e mi sono semplicemente limitata a descrivere gli effetti che queste opere meravigliose destato avevano nell'animo mio, con la dolce lusinga che avrei potuto eccitare negli altri quella commozione, che io medesima risentiva. Peraltro non mi dissimulo il pericolo di dispiacere ai dotti amatori delle Arti col non arrestarmi ad individuarne le bellezze con quelle minute particolarità, che appunto delle Arti sono proprie, e di dispiacere forse ugualmente, con una troppo scrupolosa descrizione d'ogni cosa a quelli, che lietissimi sarebbero stati di commuoversi sopra la mia semplice asserzione, avvalorata dalla evidenza del contorno, senza affaticarsi dietro le troppo scrupolose, e tuttavia non abbastanza chiare mie descrizioni. In ogni modo, non avendo l'orgoglio (che d'ogni singolarità l'amor proprio si crea motivo d'orgoglio) di credere unico il mio modo di pensare, voglio lusingarmi di non dispiacere né a Voi, per quella tanta analogia di cuore e di spirito che ci lega, né a quelli, che per avventura penseranno come io penso su questo proposito.

Comunque sia per parervi di ciò, aggradite la mia buona volontà, senza rimorso alcuno di essermi stato occasione che io abbia perduto il mio tempo, od avventurato il mio amor proprio. Poichè quanto al tempo, come poteva io meglio impiegarlo che trattenendomi, in compagnia dell'egregio CANOVA parlando dei personaggi più grandi della Favola e dell'istoria ? E riguardo al secondo, certa essendo dell' indulgenza degli uomini in generale per un sesso, verso di cui piuttosto si compiacciono di esercitare la generosità che la giustizia, sotto l'egida possente e sicura dell altrui amor proprio, io mi lusingo di mettere il mio pienamente a ricovero.



T. I.