Il pittore è incline alla commozione, non più romantico, 
					ma ancora disposto ad attribuire una prevalenza eccessiva 
					alle conseguenze sentimentali, si propone esclusivamente lo 
					studio di singoli casi di passione e cerca con ansia di 
					trovare la raffigurazione concreta, determinata di un dato 
					tono del sentimento. Così egli ha fatto in Foglie 
					cadenti, così nel Peccatoo, nel Notturno
					nell? Epilogo  e più fortemente nell?Incubo e 
					in Coscienza. 
					Nell'Incubo la emozione è materialmente obbiettivata 
					nella larva mostruosa che si protende, si allunga verso la 
					pavida fanciulla che invano si difende trattenendo con la 
					mano tremula il lenzuolo che la ricopre; in Coscienza 
					il dramma avviene nell'interno dei personaggi e deve essere 
					rivelato soltanto dal loro atteggiamento ansioso, 
					dall'espressione convulsa del loro viso. La donna viene al 
					primo appuntamento colpevole all'angolo d'una strada; non è 
					ancora risoluta al passo estremo, all'abbandono completo dei 
					suoi doveri; l'amante la stringe impetuosamente, le mormora 
					nell'orecchio alcune rapide parole, preghiere, minaccie, 
					promesse. La colpa è imminente e l'anima in tumulto ne e 
					presaga; contro il muro l?oscillante chiarore del lampione 
					disegna due ombre livide ed incerte che hanno la severità di 
					un ammonimento, quasi riflesse dal rimorso per il peccato 
					futuro. II Laurenti poi ha tolto dalla tela anche questa 
					raffigurazione concreta del contrasto delle anime, 
					raffigurazione che appare però nella vecchia fotografia qui 
					riprodotta, lasciando che il contrasto si faccia sentire da 
					per sé, immaterialmente. 
					Or bene, dopo aver studiato tutti questi casi isolati, 
					dopo aver compiuto questa specie di raccolta di documenti 
					patetici cui soltanto presiedeva l'intento di essere al più 
					possibile indicatori di quella data forma di commozione, ne 
					intuì forse il Laurenti lo scarso valore rispetto ai veri 
					fini dell'arte ? 
					 
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					Il dato individuale e la sua precisa determinazione può 
					servire alla scienza, ma non all'arte, la realtà singola ed 
					apparente, però mutevole e varia, riprodotta tal quale, è 
					artisticamente insignificante, poichè il fine dell'arte non 
					è che abbellimento, allietamento e celebrazione. E il 
					Laurenti conchiuse definitivamente questo suo atteggiamento 
					nella 
					Parabola, ove raccolse tutti i casi particolari del 
					sentimento; qui egli svolse al completo la formula dell?arte 
					per il sentimento, qui operò la analisi più vasta di tutti 
					gli stadi sentimentali delta vita umana, riunendoli 
					contemporaneamente in una linea unica, sintetica, la quale 
					pertanto raggiunge la profondità simbolica dell'arte nuova e 
					per la sua generalità e comprensività sorpassa la realtà 
					particolare e riassumendone i tratti più insigni accenna a 
					diventare decorativa. 
					Il periodo teste descritto, in cui tutti gli sforzi dell' 
					artista sono diretti a porre in rilievo il moto del 
					sentimento, rimonta dalla Parabola alle Parche, 
					nelle quasi invece viene a terminate la fase propriamente 
					iniziale dell'attività artistica del Laurenti. Anche le 
					Parche (1891), sebbene meno decisamente della 
					Parabola, costituiscono un'opera conclusiva, una specie 
					di meta raggiunta, dopo la quale l?artefice se ne è proposta 
					una di nuova e si è avviato per altra direzione, poiché 
					nelle Parche, come già nella Parabola,
					mentre viene a terminate una via fino allora seguita, se ne 
					schiude pure una di nuova. Al realismo immediato che non va 
					oltre la rappresentazione del vero, qualumque sia e fa di 
					questa scopo a se medesima, si inserisce il fattore del 
					sentimento per cio la realtà viene assunta e trattata 
					nell'opera d'arte in quanto contiene e promuove una 
					commozione, in quanto ha un significato che sorpassa la pura 
					materialità delle apparenze ed è fonte di emozione 
					Le Parche sono raffigurate in tre donne assise su 
					una panca, due vecchie e una giovine, poveramente vestite, 
					in tre donne del popolo, presentate tali e quali sono ora, 
					con la maggior evidenza. Le singole figure sono di uno 
					schietto realismo, e trasportate nel quadro direttamente 
					dalla misera vita con i loro tratti superficiali, nelle pose 
					della consuetudine loro, e ben si capisce come parecchi anni 
					fa questa democratizzazione del mito possa aver incontrato 
					approvazione (mentre oggi è il processo inverso e cioè la 
					sublimazione della realtà che si richiede), tuttavia nella 
					unione delle tre figure, in qualcosa del loro essere risulta 
					già una tendenza a oltrepassare la realtà materiale, risulta 
					una aspirazione a far sentire l?invisibile, una aspirazione 
					verso il mondo dell'anima, verso la fonte e le leggi oscure 
					della vita, che appunto si riflette net titolo del quadro. 
					
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					Ed è giusto riconoscerlo, anche nelle opere anteriori 
					alle Parche, anche in questo primo esplicarsi del suo 
					talento di artista, il Laurenti non si limita quasi mai al 
					realismo gretto e superficiale, che pure era in quel tempo 
					la condizione generale in cui l'arte ristagnava. Favretto, 
					Michetti, Nono, e tutta la schiera degli imitatori e dei 
					seguaci non si elevava che raramente dal quadretto di 
					genere, dall?episodio nella strada e al mercato, dal gruppo 
					dicontadini, dal circolo di comari, dall'incontro di due 
					amorosi, ecc., non ricercava altro che di riprodurre con la 
					maggiore fedeltà ciò che superficialmente vedeva; il 
					Laurenti fino da allora voleva qualcosa di più - nel terreno 
					propizio, e cioè la sua anima fervida, era stato depositato 
					il buon germe dell'insegnamento di Domenico Morelli - 
					comprendeva che non soltanto nelle apparenze mutevoli 
					consiste il vero, ma che vi è una verità ben più salda ed 
					importante di quella che si vede (non era ancor giunto, nè 
					lo poteva dato l'ambiente, a comprendere che vi è una 
					bellezza ben superiore ai banali e particolari aspetti del 
					vero, e che l'arte, l'arte vera comincia appunto là dove si 
					solleva dalla esteriorità comune della realtà), epperò in 
					alcuni, se non in tutti, i suoi primi lavori, ei non si 
					ferma unicamente a riprodurre il vero, ma tenta di dirci una 
					parola di più, si sforza di ottenere un altro scopo, quello 
					di suggerirci un' idea, di darci una commozione mediante la 
					rappresentazione del vero. 
					E se ciò non appare dal Mercato del pesce (e come 
					fargliene rimprovero considerando che tanti altri, e 
					celebrati oggi ancora, continuano a rappresentarci quel 
					mercato!), bene invece si dimostra nella tela intitolata 
					Frons animi interpres. Anche qui tutti i particolari 
					considerati isolatamente sono meramente realistici, ma il 
					dramma di passione aleggia in quella navata di chiesa, 
					incurva le fronti giovanili, rende intente quelle annose. Da 
					Frons animi interpres,
					e non risalgo più dietro, alle Parche, alla 
					Fioritura, al Parallelo, quale immenso cammino, quale 
					meravigliosa ascensione, compiuta tenacemente, 
					vigorosamente, giorno per giorno, con la lotta assidua in 
					cui tutto l'essere è impegnato, fra slanci e spasimi dell' 
					anima esaltata! Quale distanza di significato, di 
					comprensione, di pensiero, di forma ! Nelle prime tele di 
					realtà minuta è appena accennato uno dei moti più comuni di 
					sentimento, nell' ultima la visione grandiosa e celebratrice 
					della vita, la concezione vasta di ciò che fu, di ciò che è, 
					il simbolo delle essenze e delle idee eterne, la rivelazione 
					dei moti supremi, delle pieghe più lievi dello spirito; 
					nelle prime la realtà informe così come è, né bella nè 
					brutta, nelle ultime l'ordine di bellezza, la linea nobile e 
					solenne, il tipo essenziale, linea e tipo da cui come da 
					fonte fecondo scaturiscono i singoli aspetti delle cose. 
					 
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					Ma non è qui tutta la trasformazione; non solo l'ideale 
					si è ampliato, non solo la forma si è litata, ma è anche la 
					tecnica che si è straordinariamente perfezionata per 
					prestarsi meglio agli sforzi ognora più ingenti che il 
					pittore le chiedeva, alle significazioni più vaste cui egli 
					mirava, alla decorazione più raffinata di cui egli si 
					compiaceva. E per tecnica intendo non tanto la fattura, 
					l'opera della mano, poichè di essa ben si capisce 
					l'evoluzione parallelamente a quella di tutta la personalità 
					creatrice dell' artefice, quanto i mezzi materiali, il 
					colore cioè, la materia greve e resistente, la materia sorda 
					il più delle volte e tarda sempre all'impeto della 
					inspirazione. Orbene, è appunto questa materia, e credo che 
					il caso sia dei più rari e meriti di essere segnalato, che 
					si è elevata, che si è illuminala, che è diventata più 
					sottile e più duttile a misura che si elevava e si accendeva 
					l'idea!e del pittore, che egli saliva verso gli strati più 
					eterei dello spirito, e che la sua visione diventava più 
					nobilmente decorativa. E? proprio questa materia che ha 
					cambiato natura, è proprio la sostanza del colore che si è 
					mutata, che si è meravigliosamente chiarita, purificata, 
					nobilitata, che è divenuta simpatica alla vista, al tatto e 
					che concorre quindi efficacemente alla piacevolezza e alla 
					consistenza del dipinto. 
					Per ottenerla così il pittore si è fatto uno studioso, un 
					ricercatore, un chimico; ha pazientemente, acutamente 
					analizzato le antiche tavole dei maestri, le belle tinte 
					fiammeggianti e le delicate chiarezze imperiture, come se 
					nella loro composizione entrasse un po' di quell'anima che 
					le vivificò. Il nostro pittore poi ha consultato libri e 
					ricette di ogni tempo e di ogni maniera, e forte dello 
					studio ha cominciato gli esperimenti, da sè, macinando terre 
					a pietre, mescolando ingredienti, fabbricando vernici, senza 
					scoraggiarsi, amorosamente; ed all'amore ha corrisposto il 
					resultato. Oggi il nuovo mezzo può dirsi trovato e perfetto, 
					oggi la ricerca può dirsi finita, il sole, la luce e la vita 
					non saranno più contristati e soffocati, ma palpiteranno 
					sulla traccia del pennello; ora non resta più che la 
					fabbricazione in grande e la diffusione. 
					  
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					Non è qui il luogo opportuno perché io mi dilunghi in 
					particolari tecnici per ispiegare i processi dei nuovi 
					colori. Basti dire che l'aspirazione più intensa degli 
					artisti può considerarsi soddisfatta e quietata la loro 
					preoccupazione più ansiosa; basti dire che la materia 
					sordida, oleosa, cupa, viscida è del tutto spazzata via e 
					che la nuova agguaglia la virtù della eccellente materia dei 
					maestri antichi che serba intatto nei secoli il suo primo 
					fulgore. Non più quindi il pericolo di cambiamento di toni, 
					non più il pericolo che l?opera d'arte, dopo, una vita 
					effimera, tramonti in una specie di follia di tutte le tinte 
					o si scrosti in una precoce disorganizzazione, bensì la 
					visione dell'artefice serbata pura ed incolume per sempre. 
					Finora i pittori non si erano troppo curati dei materiali 
					che adoperavano, unicamente intenti nella realtà e quasi per 
					reazione contro le cincischiature accademiche ostentavano un 
					certo sprezzo per tutto quanto poteva apparire come una 
					ricerca di piacevolezza. E questo sprezzo rivelavano così 
					nella fattura come nei mezzi adoperati, prendendo a usare i 
					colori così come l'avidità industriale li approntava. Con 
					quanto lamentevole effetto tutti sappiamo soltanto avendo 
					guardato in qualche moderna galleria il decadimento rapido 
					delle opere dipinte in questo ultimo trentennio. Il Laurenti 
					fu uno dei primi a comprendere che il rispetto istesso 
					dell'arte richiedeva una maggior dignità e finezza della 
					materia, e il suo merito non è piccolo nell'aver consacrato 
					i suoi sforzi a ritrovarla. 
					Egli ha bandito adunque del tutto i colori ad olio, ha 
					bandito quelle tinte pesanti e nerastre, quelli impasti 
					bituminosi che rendevano così sordide le tele, e vi ha 
					sostituito la tempera, una tempera speciale fluida e 
					trasparente in cui la luce vi penetra e vi si svolge con 
					tutte le sue sfumature. Questa tempera si stende a velature 
					sopra una preparazione bianca e consistente, che fa corpo, e 
					in cui già l?artefice come in un finissimo bassorilievo ha 
					tracciato i contorni della sua visione. La pittura non e più 
					una semplice finzione rappresentativa, vi è già qui un 
					principio di creazione, le forme non sono più soltanto 
					apparenti, già si modellano si rilevano sotto la mano 
					dell'artista, a cui pare di plasmare, di dar corpo 
					effettivament al suo disegno. 
					  
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					E? una specie di sostanza che viene a riempire 
					l'illusione del colore, è un qualche cosa di reale, di 
					consistente che sorge ad appagare meglio la smania 
					dell'artefice di fare, di creare e non soltanto di dare la 
					finzione rappresentativa. E ben ci si spiega ora come le 
					ricerche del Laurenti si siano concluse in questo risultato, 
					ben si capisce come egli insuperabilmente si valga di questa 
					sua materia, come amorosamente la prediliga! E? il secreto 
					dell'anima sua che ci si disvela, è l'intima molla della sua 
					attività di artista che ci appare - la creazione - che 
					appunto trova un principio di appagamento in questa materia 
					con cui egli può costruire effettivamente le sue figure, le 
					sue composizioni, il suo sogno. Ed è questa sete 
					inestinguibile di creazione, tuttavia inappagata, che fa di 
					lui l'uomo fervido di edificare materialmente con le sue 
					mani l?opera, colui che ha l?incarico irresistibile non di 
					riprodurre, ma di fare, di produrre, di construire. Ed ecco 
					in lui l'architetto di oggi, l?architetto della Pescheria, 
					dove il suo più fulgido ideale si effettuerà nella pietra 
					salda e secolare, ed ecco in lui lo scultore di domani che 
					già si addestra a modellare il mondo del suo sogno. 
					  
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					MARIO MORASSO                   
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