Era in quel tempo fra gli scrittori e
gli artisti un continuato scambio di pensieri, e tal volta
il pittore e lo scultore era quello che poneva in atto il
pensiero dello scrittore, e talvolta era quest'ultimo il
quale era condotto a scrivere dell'opera dell' artista.
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DIDEROT, Gallerie del 1767, Vol, I. |
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Le varie opere d'arte esposte in pubblica mostra a questi
giorni
(1) nelle sale del Museo Borbonico sono
tali che se ne dovranno rallegrare tutti coloro i quali
hanno cara la gloria del nome napoletano. E tanto dovrà
maggiore essere questa gioia, quanto in quei lavori non
solamente ravvisi il presente, ma puoi facilmente augurare
ed immaginarti lo splendido avvenire della gioventù
napoletana affidata a cosi valorosi maestri. Essendochè
gl'illustri artisti che sono qui convenuti a fare
esperimento del valor loro, attendono appunto dal senno e
dalla sapienza de' giudici che venga designato quello del
loro numero il quale sembri ad essi più meritevole di esser
nominato maestro di disegno nel regio Istituto di belle
arti. Ufficio esercitato per una lunga ed operosa vita dal
sommo Costanzo Angelini il quale nella sua vigorosa
vecchiezza, dopo aver veduto tanto gran numero di artisti
napoletani usciti dalla sua scuola , era serbato ancora a
veder oggi un suo discepolo trascelto ad essergli compagno
ed aiuto nell' opera nobilissima. Ma chi volesse sapere a
quale de' concorrenti debba pure affidarsi questo sacro
ufficio gli sarà forza di domandarlo non già ad uno solo, ma
si bene ai cento ed ai mille che si affilano intorno a quei
lavori, anzi neppur domandarlo, ma investigarlo nel
ritornare ch'essi fanno più volte al luogo medesimo, nella
loro ammirazione e negli altri affetti che si affacciano ad
essi nel volto, e finalmente in quella che si domanda voce
ed opinione universale, la quale senza manifestarsi giammai
con suono di parola e per bocca di alcun uomo, s'intende e
per forza si fa intendere da tutto il mondo.
Sarebbe lungo e non opportuno a voler dire di tutte le
opere esposte, delle quali pure un buon numero furono già
vedute negli anni passati. Ed esse ritornano oggi a
mostrarsi perchè ciascuno de' concorrenti ebbe facoltà di
produrre altri suoi lavori che a lui meglio piacessero, per
confortare quasi di aiuto il lavoro novello nella opinion
de' suoi giudici. Ma i cartoni che rappresentano gli estremi
momenti di Giacobbe sono la parte principale del loro
esperimento, e di questi io mi propongo di far parola,
trascegliendone alcuni soltanto, quelli presso ai quali mi
parve maggiore il numero dei riguardanti e de' quali si è
parlato più lungamente e si parlerà. Ma se certamente in
queste difficili prove è sempre maggiore la gioia e gli
ossequi che ne ritraggono coloro i quali riportano la palma,
non è mai senza lode per gli altri l'essersi posti al
cimento. E voglio dire massimamente de' più giovani i quali
hanno affrontato la rinomanza e la già chiara maestria di
alcuni concorrenti ed banno sfidato le difficoltà molte del
soggetto imposto, del quale non poteva la napoletano
Accademia di Belle Arti scegliere un altro nè più bello, nè
più solenne.
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II. E per quanto mi
soccorre la memoria, non mi sembra di aver veduto, ne leggo
mentovato o descritto verun dipinto di buon maestro che
rappresenti questo soggetto, quando non sono mancati molti
che avessero rappresentato benedizioni di Patriarchi, come
quella d'Isacco, o quell'altra di Giacobbe non già a tutti i
figliuoli ma si bene ai nipoti Manasse ed Efraimo. Anzi
neppur Raffaele volle trovar luogo ad esso fra quelle storie
bibliche da lui dipinte che sono uno de' principali tesori
del Vaticano. Ma di questa benedizione non trovo soggetto
più bello che si possa dare ad un artista, nè in quanto al
concetto ne in quanto all'arte. Al concetto, perchè dopo
quella benedizione si può dire che incominciasse veramente
la discendenza di Abramo a togliere aspetto e vigor di
nazione, ed ebbe da quella una rivelazione solenne del suo
avvenire, della sua schiavitù, della sua liberazione e di
tutte le sue vicende, e più oltre ancora, di quell'ufficio
supremo affidato a lei di conservare intatta dalle
corruzioni persiane e caldaiche la tradizion primitiva del
Dio Uno infino all'arrivo del Cristo. Della qual cosa ci è
prova e mostra incontrastabile lo stesso ordine della storia
che segue, perocchè, direi quasi che dalle mani di Giacobbe
venisse la nazione ebraica a quelle del sommo legislatore e
condottiero Mosè il quale raccolse il retaggio e compiè la
prodigiosa liberazione. E dissi ancora che nessun soggetto
poteva dirsi più bello considerato in quanto all'arte,
mentre in questo quadro l'artista si vede chiamato a far
difficile prova del suo valore in tutte le parti che
costituiscono l'arte sua. In dodici figliuoli diversi di
età, di animo, di mente, di aspetto mostrare diversità di
persona, di affetti, di abbigliamento; ed in mezzo a tanta
diversità lasciar pure trasparire, sebbene in grado e forma
diversa, l'amarezza di quel supremo momento che tutti
dovevano sentire, raccolti com'erano intorno al morente il
quale si apparecchiava a ricongiungersi ai suoi padri,
oppresso e stanco da tante sciagure sofferte. Nè parmi che a
nessun altro infra i padri del genere umano avesse imposto
il Signore più dure prove in tutte le età della vita, da
fanciullo a vecchio. A lui le invidie del fratello, l'esilio
dalla casa paterna, la durissima servitù appresso Labano e i
contrastati affetti per la bene amata Rachele. Ma questo non
bastò; a lui la figliuola disonorata, contaminato il letto
dal figlio, a lui la perdita del prediletto Giuseppe e la
morte in terra straniera; delle quali volontà del Signore
volle accennare il buon Patriarca al re Faraone dicendo che
i suoi giorni erano stati brevi e dolenti. Eppure nessun
altro ebbe più gran segno di predilezione da Dio il quale si
chiamò da lui il Dio d'Israele e volle da lui chiamato il
suo popolo, e gli dava prole numerosa che appunto e quella
venuta oggi presso al suo letto ad ascoltare il vaticinio e
la benedizione del vecchio. E quel vaticinio non fu lo
stesso anzi diverso a ciascuno, onde novella occasione
all'artista di poter rendere per altra ragione vario,
copioso e ricco di affetti dissomiglianti il suo lavoro.
III. Michele De Napoli a
noi sembra aver sentito e concepito e più ancora espresso
vigorosamente il soggetto; vogliam dire non essergli fallito
nè il cuore, nè l'intelletto, nè la mano. Egli rappresenta
seduto vicino al vecchio morente il figliuolo Giuda il quale
già benedetto dal padre gli rimane appresso, e il padre,
mentre con la man destra aiuta la moribonda e profetica
parola e prosegue a benedire, si appoggia con la sinistra al
braccio di questo Giuda destinato un giorno a stringer lo
scettro. A nessun altro de'circostanti potresti meglio
accomodar le parole dette da Giacobbe, e costui dal dolore
abbattuto, ma pur grande e vigoroso, si mostra bene quel
leone vincitore de'suoi nemici ed al quale s'inchineranno i
figliuoli del padre suo. Ma ben altro aspetto è quello che
sta ginocchioni innanzi alla sponda del letto. Nell'atto di
quell'uomo tu vedi un tal misto di rassegnato e di dolente
ch'egli non può essere altri se non Giuseppe che fu cagione
involontaria al padre di tanto dolore e di tanta gioia.
Forse a quel grave contegno ed alla bellezza di quella
persona che le figliuole di Egitto guardavano maravigliate,
tu ravviseresti in lui la pietra d'Israello, come lo
chiamava il padre, o forse supremo governatore e viceré, di
senno e di grandezza chiaro e possente. Ma io rimirando a
quel suo atteggiamento mi ricordo invece che Giuseppe fu
considerato siccome l'immagine del Cristo, e non saprei dire
se il De Napoli abbia avuto in mente il viceré di Egitto o
il mistico rappresentante del Salvatore nel disegnare quella
figura, ovvero abbia voluto infondere l'uno e l'altro
sentimento in quella persona.
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Diversa anzi opposta apparenza fa sullo stesso piano del
quadro e appié del letto un altro figlio di Giacobbe, il
quale se tu nol conoscessi per piu vecchio all'aspetto,
quella sua attitudine di rimorso e di dolore forse lo
indicherebbe per Ruben. Sento che alcuni non lo vorrebbero
così diviso e separato dagli altri o, come dicono,
dall'azion principale del quadro, parendo forse poco curante
della more del padre e tutto raccolto in sè medesimo, e con
volto più di rimorso che di dolore. Ma se io veggo in mezzo
a costoro altri che lo vinca nel dolore di quella morte,
quale degli altri dovrà piangere per sè tanta grandezza di
sventura com'egli, caduto per le parole del vecchio
dall'eccellenza della sua forza, in pena de'falli commessi?
Fuggono dalle sue mani e da quelle de'suoi figliuoli il
doppio retaggio di terreni che andranno alla prole di
Giuseppe, la dignità del sacerdozio conceduto a Levi e
l'impero tramandato a Giuda. ? Eccomi solo, egli dice, in
mezzo a tanti non più primo, non piu fratello, non pia
figlio. E vero che la sentenza del padre e sentenza di
giudice giusto, ma non hanno macchiato forse le mani loro
Levi e Simeone nel sangue de' Sichemiti ? Hanno pur essi
udito la loro sentenza e saranno divisi in Giacobbe e
dispersi in Israele, ma i discendenti del primo non saranno
forse per loro ufficio più vicini all'altare di Dio ? e gli
altri non serberanno essi il deposito delle leggi ? e non
saranno maestri di scienza ai giovinetti ? Inchinatevi pure
al padre, felici che voi siete io non ho animo di sostenere
neppure lo sguardo di quell' uomo che mi abbandona sulla
terra senza avermi imposta la mano sul capo -
IV. A me basta che i riguardanti i quali
hanno letto il libro divino, facendosi innanzi al quadro
sappiano ravvisare qual sia ciascuna di quelle figure, e
sieno commossi da quella vista. Perocchè se il rappresentare
quel grande momento non importasse altra cosa che figurare
un vecchio morente in mezzo a dodici figliuoli confusamente
affollati e stretti d'intorno ad un letto, io non credo che
sarebbe stata difficoltà grande all'artista esercitato nel
rappresentare le forme e le diverse attitudini del corpo
umano. Ma oggi non è riposta in questo la difficoltà
maggiore dell'arte; anzi nel sentire e nel concepire il
soggetto e quindi rappresentarlo non solamente agli occhi ma
al cuore ed alla mente. Dopo che la bellezza organica
dell'arte greca si venne a stringere in amichevole consorzio
alla bellezza intellettuale dell'arte cristiana ed il culto
della forma a quello dell' intelletto, in un secolo più di
ragione che di poesia, l' opera dell' artista e tanto più
grande quanto più difficile perch'essa giunga a soddisfare
non pure lo sguardo ma la mente degli uomini. Due altri
figliuoli stanno in piedi alle spalle di Ruben. Il primo non
sapresti dirlo altro che Levi ad una certa sua gravità che
starei per dire sacerdotale, quasi anticipata rivelazione
dell'avvenire de' suoi, e l'altro Simeone uomo di vendette e
di stragi. Nè solamente l'aspetto di entrambi ti basterá a
ravvisarli, ma ancora il vederli uniti e stretti in questo
luogo, perché insieme avevano commesso un giorno le opere di
sangue ed insieme udivano oggi la sentenza del padre. Dal
lato stesso del letto e più indietro stanno in piedi Isacar
e Zabulon, i due serbati alle ricchezze delle prime
industrie e de' primi commerci, e quivi presso seduto Dan,
nato di Bala, quello della cui tribù vennero i supremi
magistrati del popolo ebreo che tennero l'impero da
Otoniello a Sansone. Dalla parte opposta ed in capo al letto
si mostra intera alle spalle di Giuda la persona di
Beniamino e seguitando più indietro vedi solamente in parte
quelle di Gad, di Aser e di Neftali. Molti sono che non
sanno accomodarsi al vedere cosi tronche le persone dei tre
figliuoli i quali stanno troppo ordinatamente dietro al
guanciale del letto che lascia scorgere le sole teste di
costoro. Ma il dire che questo lato dell'opera non sia più
bello e cosa per avventura che nulla toglie al merito ed
alla virtù di così egregio artista.
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Perocchê un uomo il quale ha saputo in tanta angustia di
tempo immaginare ed esprimere il concetto di un ampio quadro
ed in tempo ancor breve compiere il suo cartone, non so
quale difficoltà grande incontrerebbe nell'avanzare alcun
poco il figliuolo ultimo della parte posteriore del lotto, o
nel diminuire alquanto il guanciale sul quale si appoggia il
morente. Ma se questo non finisce di piacere all'occhio,
altri sostengono che fortemente nuoce alla ragion del
quadro, perchè una parte de' figliuoli si rimanga non veduta
alle spalle di Giacobbe. Pure io credo assai difficile che
un uomo non sia stato pure una volta presente ad avvenimenti
di tanta sciagura; egli avrà osservato quanto sieno diverse
le attitudini dei figliuoli, dei fratelli e de' parenti,
ch'egli non avrà veduti giammai messi tutti a schiera o a
cerchio intorno al letto, ma una parte abbandonarsi remota
dagli altri alla forza del dolore, un'alta ai conforti della
preghiera. Oltreché le figure di tutti quei figliuoli non
erano della stessa importanza né al cospetto del padre né al
cospetto di Dio; né forse potevano meritare di stare altrove
gli altri trovandosi in un luogo dov'erano pure presenti un
Giuda, un Giuseppe, un Ruben, un Levi, un Simeone. Ed ebbero
ancora giustamente per ragion di arte il luogo loro
assegnato, essendo che l'autore per aiutare quelle figure le
quali dovevano esser poste in maggior veduta si valse con
grande avvedimento dell'artificio de' contrapposti tanto
inteso ed usato da' sommi maestri. Cosa principalissima
nelle arti le quali si giovano sempre nella loro imitazione
di quel contrasto ch'è pure cosi essenziale e cosi
visibilmente imposto da Dio all'ordine ed alla bellezza
dell'universo.
V. E perchè non sembri una
mia troppa predilezione alle opere del De Napoli la quale mi
faccia vedere ogni cosa perfetta, io non mi terrò dal
manifestare un mio pensiero, che quel suo Beniamino, lupo
rapace che la mattina divorerà la preda e la sera spartirà
le spoglie, sia stato espresso dall'artista in un modo che
parli troppo al senso più che all'intelletto. Che se in
luogo di metterlo curvato in su l'origliero paterno e con un
solo occhio visibile ed aperto in segno di tristezza, lo
avesse rappresentato con l'intero volto palese, non gli
sarebbero mancati altri modi da fargli leggere nell'aspetto,
volendo, che costui era il capo di quella tribù la quale
aveva a compiere il misfatto contro l'infelice Levita ed
essere sterminata nelle pianure di Sabaa e di Remmon. Se
pure non si vuol dire che questa diversità non solo nelle
commozioni e negli affetti istantanei ma nell'indole delle
sue persone potrà sempre l'artista assai meglio esprimere
quando abbia ancora nella potenza del colore quel principale
o dire essenziale conforto e sostegno dell'arte. Ed è per
questo che la prova imposta agli egregi concorrenti non
poteva esser più malagevole. E' stata gran lode per essi che
usando soltanto di quei pochi aiuti che può dar la matita
sieno piaciuti non solamente a' maestri e giudici dell'arte,
ma ancora a quella gran parte che senza intendere di pittura
è corsa in folla a vedere le opere loro, e si e grandemente
dilettata in una specie di lavori quali sono i cartoni, che
hanno le più volte un linguaggio intelligibile ai soli
artisti. E stanno in testimonianza delle mie parole quei
molti cartoni di sommi maestri che pure ci avviene di vedere
in alcune città d'Italia e straniere, e che sono tanto
ammirati e studiati dagl'intendenti e poco dall'universale,
il quale cerca invano in quelle opere gli effetti della luce
e quelli delle ombre e la espression degli affetti e la
verità del colorito. Ma il De Napoli seppe usare
egregiamente dei soli mezzi a lui conceduti e giungere con
essi ad ottenere il più grande effetto dal suo disegno. Vedi
infatti quanto efficacemente si aiutò di quel bianco
adoperato da lui vicino alla sola testa del morente, persona
principalissima del quadro sulla quale si raccoglie il
maggior lume e quindi la maggior attenzione de' riguardanti,
e nella quale puoi leggere da una parte l'età grave ed
inferma, dall'altra quella fiamma di vita che presso ad
estinguersi si ravviva in ogni morente, ma più in costui che
per volere e dono visibile del Signore predice l'avvenire ai
figliuoli.
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VI. Altra maniera ed assai
diversa tenne nella sua opera Raffaele Postiglione, ed è
tale diversità che vivamente ti percuote quando tu vada
dall'uno a veder l'altro de'due lavori. II Postiglione è di
tutt'i concorrenti il più giovine ed appartiene all'ultima
schiera di pensionati napolitani che sono ritornati da Roma.
E questa è somma gloria per lui, perchè, oltre alla
diligenza del suo lavoro, ravvisi ancora in esso quella
giovinezza di fantasia la quale trovando esperta ed
obbediente la mano, colorisce il pensiero assai facilmente e
con quella copia e sovrabbondanza che tanto piace nei
giovani. Alcuni si dolsero di tanto inviluppo di persone
affollate con qualche scompiglio nel quadro, di alcuni
affetti espressi in modo troppo eccessivo, di tanta varietà
di linee, di tanto contrasto di luce. Ma questo quadro il
quale se fosse lavoro di un artista già maturo d'anni, meno
mi gradirebbe, non so perchè nel Postiglione mi conforta e
mi ravviva, anzi mi fa sperare assai bene di un giovine,
quando il discernimento e l'intelletto abbiano soggiogato
l'impero, o dirò meglio l'impeto della fantasia. Di questo
artista abbiam già veduto in una passata esposizione molte
opere lodate, ed oggi ritornano a mostrarsi una Maddalena a
piè di Gesù, ed un Mosè che difende le figliuole di Jetro.
Aggiunse a questi il Postiglione alcuni altri lavori di
piccola mole, ma fatti veramente con grande amore : un
Coriolano che parte per l'esilio, e due immagini di Nostra
Donna col bambino fra le braccia. So che questo soggetto
della Madre di Cristo ha esercitato ed esercita molto la
mente e la mano del nostro autore, ed a noi pare che nulla
sia più difficil cosa a dì nostri quanto il rappresentare la
Vergine con quell'aura di divinità che deve trasparire in
essa, come fecero i dipintori dal decimoquarto secolo al
sestodecimo, e più di tutti, i nostri italiani da Giotto a
Raffaele. Perocchè io credo che dove mai il sentimento
religioso non ardesse cosi vivo ne' cuori, non potrebbero le
sacre immagini di Cristo e della Vergine essere altra cosa
che una ripetizione delle antiche perfezioni ideali trovate
dai nostri maggiori, ovvero la espressione di un tipo
volgare rappresentato dall'artista, e nobilitato pure quanto
tu vuoi.
La storia di quelle immagini che furono innumerevoli e
per tanto diverse, da Giotto a Raffaele, si trova scritta
nel sentimento religioso che animava quegl'italiani maestri.
Sappiamo che Gian Bellino diceva di aver compiuto con lode
un suo quadro, perchè infiammato dall'amore della croce, che
il Lotto spirò innanzi all'effigie della sua Vergine
prediletta, amando ed orando, e troppo son noti i sospiri e
le lagrime dell'Angelico innanzi a Cristo posto sulla croce.
Ma dopo il secolo decimosesto non so qual cosa di grande
abbia dato la pittura che possa paragonarsi a quelle
Vergini, se ne togli il Dolce ed il Sassoferrato. Imperocchè
quando la fiamma del cuore pare quasi che si andasse
attenuando, e il bello che si trova tolse il luogo al bello
che si sente, quelle sacre immagini apparvero nell'aspetto
cose terrene, e dimostrarono che il freddo ragionamento
rinchiude l'artista dentro quei confini che egli non potrà
oltrepassare ne trascender giammai, se non si affida
all'anima che lo sollevi ? A noi è avvenuto di trovare una
pruova del nostro detto nelle molte effigie di Nostra Donna
che abbiam vedute immaginate o compiute dal Postiglione. Ed
infra le altre una ricordiamo di aver veduta presso il
marchese Niccolò Santangelo, fra le molte ricchezze di arte
antica e moderna che adornano quella casa, compiuta dal
Postiglione molti anni or solo , e l'avremmo creduta copia
di Raffaele o ispirazione di quel maestro, tanto ritraeva di
quella divinità che irradia tutte le Vergini del pittore di
Urbino. Ma quelle che oggi vediamo dello stesso autore sono
pure vaghissime, ma troppo donne mortali. Nè di questa
osservazione che da altri si faccia dovrebbe dolersi il
Postiglione, perch'essa accenna piuttosto ad una qualità o
dirò meglio ad un carattere del nostro secolo, che ad un
vizio o colpa dell'artista. Oltrechè noi sappiamo quanta
fama ricavasse il Murillo dalle sue Vergini, alle quali
molte femmine simiglianti avresti incontrate attraversando
la Castiglia e l'Andalusia. Non così le Vergini di Raffaele,
le cui sembianze fu detto che appartenessero a tali donne il
cui piede non aveva giammai toccato la terra.
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VII. Ma facendo ritorno
alla principale sua opera, dalla quale mi hanno rimosso i
suoi quadri e la vaghezza e l'artificio de' suoi colori,
dirò che il Giacobbe e stato da lui rappresentato ad un
estremo del quadro sul lato destro de' riguardanti; ed
intorno al letto, ma più verso la parte inferiore, tutti
quanti i figliuoli. Innanzi al letto sul primo piano del
quadro sta inginocchiato Giuseppe, ed alle spalle di costui
anche inginocchiato un altro figliuolo, Dan; il primo fiso a
rimirar con amore nel padre, e l'altro col volto in atto di
riverenza rivolto verso la terra. Finalmente indietro a
Giuseppe e tutto in piedi il giovine Beniamino che stringe
le mani e le porta innanzi al petto, leggermente inchinando
su quelle il capo e rimirando con guardo di passione il
padre. Chinato sui piedi paterni in atto come di adorazione,
dalla parte opposta del letto, come a dire nell'ultimo piano
del quadro, vedi un altro de' figlioli, Aser, ed un altro in
piedi pia indietro, Giuda, e quivi a poca distanza, dopo una
porta che l'artista ha figurata in fondo alla scena, il
primogenito diseredato che mostra l'atto della sua
disperazione con le braccia levate in alto e rivolto con la
faccia, anzi con tutta la persona alla parete. Appiè del
letto, come all'estremo opposto del quadro di rincontro a
Giacobbe, vedi i due Simeone e Levi vicini ed in piedi, ed
appresso a costoro parte inginocchiati parte seduti gli
altri quattro figliuoli. E qui si faranno molti naturalmente
a domandare qual punto proprio di quella benedizione abbia
inteso di rappresentare l'artista nel suo cartone.
Certamente che il soggetto imposto, secondo le parole
adoperate dall'Accademia, avrebbe potuto dar materia a più
quadri, avendo l'Accademia assegnato ai concorrenti di
figurare Giacobbe il quale benedice ad uno ad uno i suoi
figliuoli, ed usando le proprie parole che precedono in
forma di argomento il quarantesimonono capitolo della
Genesi. Ma era indispensabile che il giudizioso artista
dovesse fare come molti han praticato, e scegliere uno
de'figliuoli, quello che a lui meglio paresse, nell'atto di
ricevere la sua benedizione. Scegliere io dico un tal
figliuolo che non fosse il primo ne il secondo, ma si
trovasse in tal posto nell'ordine di quell'atto solenne da
poter mostrare nel quadro qualche cosa degli affetti di
coloro i quali avevano già udita la voce paterna. Sommo
artificio divenuto oggimai come una legge per usanza
de'grandi maestri non solo di pittura e scultura, ma di
poesia, il prendere l'azione da rappresentare, in un punto
che non sia ne il principio ne il termine di essa. Legge che
il Lessing voleva imposta del pari all'azion di ciascuna
figura, la quale tanto era più eccellente quanto dimostrava
all'intelletto de'riguardanti non solo il suo atto presente,
ma quello che l'aveva preceduto e quello che doveva
seguitarlo.
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